L'industria navale, nel tentativo di ridurre l'inquinamento atmosferico, ha forse creato un danno altrettanto grave.

L’industria navale, nel suo tentativo di ridurre l’inquinamento atmosferico, ha involontariamente accelerato il riscaldamento globale a breve termine, portando a temperature marine record, secondo un nuovo modello climatico.

 

Lo shock di terminazione geoingegneristica

Le normative globali recentemente introdotte hanno significativamente ridotto le emissioni di anidride solforosa dalle navi cargo fino all’80%. Questo drastico calo dell’inquinamento solforoso potrebbe però aver innescato un fenomeno noto come “shock di terminazione geoingegneristica“, con conseguenze globali impreviste.

Uno studio pubblicato sulla rivista Communications Earth and Environment indica che la riduzione delle emissioni di zolfo è in linea con il notevole riscaldamento osservato, soprattutto nel 2023. Questo aumento di temperatura corrisponde all’80% dell’incremento misurato nell’assorbimento di calore planetario dal 2020.

Le normative dell’Organizzazione Marittima Internazionale del 2020 miravano a migliorare la qualità dell’aria e a prevenire circa 30.000 morti premature all’anno, limitando il contenuto massimo di zolfo nei carburanti navali dal 3,5% allo 0,5%.

Ma le particelle di aerosol come l’anidride solforosa hanno proprietà altamente riflettenti: una volta rilasciate, possono riflettere i raggi solari nello spazio, agendo essenzialmente come un parasole planetario. Il repentino cessare di decenni di massiccia emissione di questi aerosol ha avviato un esperimento geoingegneristico involontario.

 

Molti elementi per un solo, grande problema

A partire dal marzo 2023, la mancanza di questa “foschia solforosa“, combinata con il riscaldamento globale in accelerazione, l’effetto climatico di El Niño e l’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai nel 2022, ha portato le temperature superficiali marine a livelli record.

Tuttavia, alcuni scienziati del clima mettono in discussione alcune conclusioni dello studio. Gavin Schmidt, direttore del Goddard Institute for Space Studies della NASA, ha sollevato dubbi sulla stima della risposta delle temperature, suggerendo che il modello utilizzato potrebbe semplificare troppo l’assorbimento di calore dagli oceani.

“Non credo che la gestione della radiazione solare diventerà mai una parte sostenibile della risposta al cambiamento climatico”, ha affermato Schmidt, evidenziando le sfide legate alla governance e alle incertezze economiche e geopolitiche.

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