L’e-commerce in Italia, a che punto siamo? Diciamolo subito, stiamo messi molto male e tra gli ultimi posti in Europa.
La notizia giunge da uno studio condotto dal Centro Studi di MMOne Group, agenzia specializzata in servizi e‐business per le aziende. L’Italia si posiziona al venticinquesimo posto su ventotto paesi, dietro di noi solo Grecia, Romania e Bulgaria.
Sicuramente il nostro paese ha un ritardo culturale che porta le persone a non effettuare acquisti on-line, ma c’è anche da dire che sono in molti a diffidare dagli acquisti on-line e purtroppo in molti casi anche a ragione. Il problema è che si genera un circolo vizioso in cui se i cittadini non effettuano acquisti le aziende non guadagnano e di conseguenze anche queste ultime riducono i loro acquisti on-line.
Questo è un problema più serio di quanto si possa pensare dato che la rete, e gli acquisiti che vi si possono fare, è diffusa a livello globale quindi con pochi acquisti su siti di e-commerce non si agevola l’economia fortemente in crisi.
Lo studio condotto da MMOne Group è molto sconfortante e dimostra ancora una volta quanto economia e politica, che ha una grande influenza anche su questo, condizionino pesantemente la nostra vita.
Di seguito i link per scaricare lo studio completo e il comunicato stampa:
Utilizzo dell’E-Commerce in Europa
Italia fanalino di coda. Fanno peggio solo Grecia, Bulgaria e Romania
Acquisto online di viaggi e prodotti, attività di vendita e servizi di e-banking: lo studio realizzato dalla Digital Agency MM One Group evidenzia un ritardo sia tra aziende che tra privati:un problema culturale tutto italiano
Nonostante la complessiva crescita del settore, lo sviluppo dell’e-commerce italiano è ancora distante dai livelli dei nostri partner europei: nella classifica sull’utilizzo dell’e-commerce l’Italia si colloca al 25° posto su 28 Paesi, prima di Grecia, Bulgaria e Romania. Il ritardo riguarda sia i cittadini, che ignorano e in qualche caso temono ancora questo metodo di acquisto, sia le imprese, la cui quota di fatturato legato all’e-commerce è ancora molto modesto.
I risultati emergono da uno studio realizzato dal Centro Studi di MMOne Group, agenzia specializzata in servizi e-business per le aziende, che ha preso in considerazione 12 indicatori Eurostat che fotografano i comportamenti di aziende e cittadini in Italia e all’Estero, sia per quanto riguarda l’attitudine all’acquisto e alla vendita di prodotti, che all’utilizzo di servizi come l’internet banking e il booking online.
LA CLASSIFICA EUROPEA. Aggregando opportunamente gli indicatori considerati, si delinea una netta spaccatura fra Nord e Sud Europa. Ai primi posti della classifica si posizionano paesi quali la Danimarca, Svezia e Gran Bretagna che si distinguono per il maggior utilizzo del commercio elettronico. Attribuendo un punteggio convenzionale pari a 100 alla Danimarca, il Paese che sfrutta al meglio le potenzialità della rete, l’Italia totalizza 14,2 punti, a fronte dei 30,6 della Spagna, dei 52,6 della Francia e dei 67,8 della Germania. Una performance insufficiente per un Paese che vuole competere sul mercato internazionale per superare la difficoltà economica in atto.
USO DELL’E-COMMERCE DA PARTE DELLE IMPRESE. Entrando nel dettaglio del ritardo italiano, la quota di fatturato delle imprese derivante dalle vendite in rete è appena del 6%, mentre in Europa la media si attesta al 15%. Nonostante un volume di traffico che nel 2012 si è avvicinato ai 20 miliardi di euro e alle quasi 2.000 nuove aziende di e-commerce nate nel 2013, solo il 6% del totale delle imprese italiane vende online (la media UE è del 16%). Inoltre, appena l’11% delle attività commerciali del nostro Paese ha una piattaforma di vendita integrata nel proprio sito web (la media europea è del 15%), ma solo il 5% riceve ordini via internet (con una media UE pari al 13%). L’unico dato che ci vede leggermente al di sopra della media europea è quello relativo alle imprese italiane che fanno acquisti online: si tratta del 35%, contro una media europea del 34%.
USO DELL’E-COMMERCE DA PARTE DEI CITTADINI. Molto deludente risulta essere l’utilizzo dell’e-commerce in Italia da parte dei cittadini: solo il 17% degli italiani ha fatto almeno un acquisto sul web, contro il 74% degli svedesi (la media europea si attesta al 44%) . L’acquisto di viaggi online è all’8% (UE 24%, Germania e Francia oltre il 30%, UK quasi 50%), mentre solo il 21% degli italiani utilizza l’e-banking per le operazioni di conto corrente, a fronte di un 82% della Finlandia e di una media europea del 40%.
L’arretratezza dell’Italia si può ascrivere ad un ritardo culturale, oltre che imprenditoriale e sicuramente istituzionale. In questo senso sono ancora poche le strategie nazionali messe in atto per potenziare e valorizzare il commercio elettronico, fra tutte la riduzione del digital divide – ancora presente in molte aree del Paese – e la diffusione della banda ultra larga. E-commerce vuol dire risparmio di tempo, di costi e di energia. Non cogliere questa opportunità potrebbe penalizzare anche il commercio tradizionale, sempre più eroso dalla concorrenza digitale. Occorre infatti comprendere che, grazie alla diffusione dei dispositivi mobili, molti utenti confrontano i prezzi esposti in corsia con quelli che compaiono sui display dei loro smartphone.
“Come agenzia che offre soluzioni e-business alle aziende” afferma Mauro Cunial Presidente di MMONE Group” crediamo molto nell’importanza dell’e-commerce. Proprio in tempi di crisi, la vendita online rappresenta un’occasione per rilanciare interi settori di mercato, soprattutto all’estero, dove le transazioni commerciali avvengono con maggior frequenza sulla rete: per i consumatori stranieri si delinea un’offerta diversificata con la possibilità di scegliere anche i prodotti italiani; per le imprese italiane un’opportunità di crescita, che consente loro di presentarsi sul mercato internazionale senza intermediazione. Per questi motivi sono auspicabili politiche di sviluppo economico che affrontino gli annosi nodi digitali italiani, promuovendo un cambiamento nelle abitudini e nelle modalità d’acquisto e che incentivi l’utilizzo dello strumento informatico a tutti i livelli. Senza dimenticare i necessari investimenti per portare ad un livello avanzato le performance dell’infrastruttura digitale in termini di affidabilità e velocità di connessione“.
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