Luca Parmitano ci aveva abituati alle sue passeggiate spaziali. Mentre, oggi, l’astronauta dell’ESA è diventato anche un’acquanauta. Una nuova missione che sta affrontando nei fondali dell’oceano. Laddove esperimenti e ricerche potranno aiutare, probabilmente, a raggiungere Marte.
Designato comandante della 20esima missione di addestramento sottomarino nell’ambito del programma NEEMO, dal 20 luglio Parmitano, insieme ad un gruppo di altri quattro astronauti della Nasa (Serena Aunon, David Coan e il giapponese Norishige Kanai), vive e lavora negli abissi. Nello specifico, quelli al largo delle coste della Florida. La struttura che li ospita è molto simile a quella ben nota dall’astronauta: una pseudo astronave “ancorata” a 20 metri di profondità. “Appena entrato qui mi è sembrato di essere tornato sulla Stazione Spaziale Internazionale” ha raccontato l’astronauta italiano. “Le strutture, gli spazi stretti, le procedure per uscire all’esterno, sono tutti aspetti che ti fanno vivere davvero all’interno di una navetta, credo che sulla Terra non esista niente di meglio per simulare questo tipo di situazioni”.
Tra gli obiettivi della missione, la sperimentazione sulla gravità, simile a quella di Marte, della Luna e degli asteroidi. Il compito è quello di testare gli strumenti e le tecniche adeguate per le passeggiate spaziali con attrezzature subacquee. E, soprattutto, in previsione di un possibile viaggio alla volta del pianeta rosso. “Qui fuori possiamo lavorare simulando vari tipi di gravità, modificando i pesi e gli assetti possiamo simulare quella di un pianeta come Marte, oppure di un grande asteroide oppure ancora annullarla quasi totalmente”,
spiega ancora Parmitano.L’impegno delle agenzie spaziali è quello di preparare e formare gli astronauti alle passeggiate spaziali senza dover andare in orbita. Ognuna usufruisce del proprio “habitat” congeniale: la Nasa, ad esempio, fa sott’acqua, mentre l’Esa nelle grotte siciliane.
Un altro target prevista dalla missione NEEMO 2015, quello di trovare un modo ottimale per gestire il ritardo di comunicazione dovuto alla distanza. “E’ psicologicamente molto diverso dalla Iss dove in caso di problemi puoi sempre chiedere un aiuto, dall’altra parte del telefono ci sono i migliori esperti al mondo. Con ritardi nelle comunicazioni di 10 minuti invece sei solo tu e il resto dell’equipaggio”.
Ma non è tutto. Si continuerà, infatti, a sperimentare mobiPv, ovvero un visore di procedure mobile e indossabile che permette agli astronauti di ricevere istruzioni audio e video pur mantenendo le mani libere. Parmitano e colleghi, inoltre, avranno modo di testare l’esperimento Skin-B, il cui scopo è sviluppare un modello informatico (mediante l’uso di appositi smartphone e tablet) su come invecchia la cute.