Se vuoi diventare il boss delle playlist per Google dimentica di fare il fighetto che millanta conoscenze underground o solo legate ad un genere. Questa è in sintesi la raccomandazione che danno da Mountain View sugli aspiranti selettori di playlist che vogliono collaborare con Google Play Music.
Il primo test è tanto curioso quanto arduo. Viene chiesto ai candidati di mettere insieme una playlist che un fan di Susan Boyle vorrebbe ascoltare. Se non sanno farlo, si sentiranno dire la frase: “le faremo sapere”
È vero che i colloqui di lavoro di Google sono ammantati da un’aura di mito, ma il “test Susan Boyle” è del tutto attendibile, ed è stato raccontato da Peter Asbill, Global streaming lead di Google Play, in un’intervista al Guardian. Se il pensiero di un tale compito spaventa il candidato, è probabile che non ci sarà posto per lui. “Si tratta di convincere la gente a mettere il loro ego alla porta”, ha sostenuto Asbill. “Se non riescono a capire Susan Boyle, perché lei fa presa sulla gente, e a che cosa sono interessati, non diventerà un curatore di successo per noi”.
Le playlist sono un tema caldo nel mondo della musica in streaming, e Google Play Music non è certo l’unico servizio ad avere al proprio interno un team apposito per creare delle antologie. Apple Music e Spotify stanno mettendo le playlist alla ribalta dei loro servizi.
Ciascuno delle tre major ha la propria squadra che crea playlist, mentre le etichette indipendenti si stanno consorziando per crearne di loro. Tutti hanno lo stesso obiettivo: utilizzare le playlist per orientarsi tra i circa 30 milioni di brani disponibili.
Asbill è un veterano in questo campo: entra a far parte di Google nel mese di luglio 2014, quando Mountain View ha rilevato Songza, la società precedente per cui lavorava, che è stata anche una delle prime realtà in streaming a concentrarsi sulle playlist a tema per umore, attività e l’ora del giorno, con una funzione chiamata “Concierge”, adatta a servire l’utente al momento giusto.
Dal momento che Google ha acquistato Songza, “Concierge” è stato integrato nel proprio servizio della società Google Play Music, fornendo un equivalente diretto a “Now” di Spotify, o “For You” di Apple Music. E’ una battaglia non solo per presentare le migliori playlist, ma anche per raccomandare la miglior playlist al momento giusto. Non è roba da poco.
Da qui si spiega il test Susan Boyle. “Non siamo qui per fare educazione musicale alle persone: non stiamo insegnando alla gente su ciò che è super cool, o ciò che è un ‘canone’. Stiamo cercando di dare loro la colonna sonora perfetta per il loro momento, e non per forzare le persone a scoprire cose nuove”.