La privacy degli utenti è nuovamente a rischio. Secondo uno studio americano le applicazioni per Android e iOS condividono troppi dati degli utenti senza un esplicito permesso. I dati sensibili vengono spediti a diverse aziende operanti nel settore tecnologico, prime fra tutte Google e Facebook.
Lo studio, effettuato dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Harvard, ha rivelato che molte applicazioni che comunemente vengono installate sugli smartphone Android e iOS condividono dati sensibili degli utenti senza effettivamente richiederne il consenso. I dati vengono condivisi con altre piattaforme, come Google o Facebook, rappresentando un serio rischio per la privacy. Lo studio in questione è simile ad un altro effettuato dall’Università della Pennsylvania, secondo il quale ben 9 siti su 10 condividono informazioni degli utenti senza richiederne il consenso.
Il MIT ha effettuato lo studio su circa 110 applicazioni scaricabili sia dal Play Store che da App Store ed è risultato che la piattaforma Android (73%) è più incline a condividere informazioni personali come indirizzo e-mail e nome rispetto ad iOS (16%). I due sistemi operativi si invertono quando si tratta di dati relativi alla localizzazione: in questo caso il 47% delle app per iOS condivide la posizione degli utenti rispetto al 33% delle app Android.
A rischio anche le informazioni mediche: su 30 applicazioni sportive e sulla salute analizzate, 3 di queste condividono con piattaforme terze i dati inseriti nelle stesse applicazioni e le ricerche effettuate online. Al primo posto tra i beneficiari di questa fuga di dati troviamo Google, seguito da Apple e da Facebook. Interrogata a tal proposito, Privacy International ha dichiarato alla BBC che questo studio sottolinea i diversi modi in cui i nostri smartphone “ci possono tradire.”
I consumatori sono sempre più inclini a non installare un’applicazione per non mettere a rischio la propria privacy. Un sondaggio effettuato su un campione di 2000 americani ha registrato dati preoccupanti: più del 50% di essi non installa un’applicazione dopo aver appreso la quantità di dati che essa registra, mentre circa il 30% ha disattivato i servizi di geolocalizzazione sul proprio smartphone.