Antoine Geiger è il giovane artista francese (classe 1995) che ha recentemente esposto a Parigi una serie di immagini digitalmente modificate dall’effetto disturbante: gli schermi di smartphone e tablet sembrano realmente assorbire i volti umani.
“Onnipresenti, onnipotenti, onniscienti. Ogni giorno gli schermi diventano una vera e propria estensione biologica“. Questo il pensiero alla base di SUR-FAKE, la serie di fotografie digitali realizzate da Antoine Geiger in cui uomo e macchina paiono fondersi con inquietante fluidità, riprendendo suggestioni che inevitabilmente ricordano alcuni movimenti letterari (qualcuno ha detto cyberpunk?).
Antoine Geiger: l’inquietante fusione uomo-macchina
“Il progetto SUR-FAKE – spiega l’artista – mostra lo schermo come un oggetto della sottocultura di massa che rende alienante la relazione con il nostro corpo e più generalmente con il mondo fisico. Volevo tornare all’idea di queste identità false sovraesposte, risucchiate dall’abisso digitale che rompe la relazione con il ‘reale’ e restituire un’immagine dell’individuo focalizzata su se stessa“. Non a caso, tra le fotografie, Antoine Geiger riporta un passo delle “Heterotopias” di Michel Foucault: “[…] Dal punto di vista dello specchio scopro la mia assenza dal luogo dove mi trovo poiché mi vedo laggiù“.
È facile capire da dove il giovane artista abbia tratto ispirazione: basta guardarsi intorno. E il futuro, con l’avvento della VR, non farà altro che rendere ancora più evidente che la tecnologia sia ormai una estensione – forse non ancora biologica, ma pur sempre una estensione – dell’uomo (basta pensare ai vari Cardboard, Oculus Rift e Gear VR).
“Questo polimorfa inter-faccia si sta trasformando in un dialogo tra le nostre nevrosi e le nostre psicosi“, afferma Antoine Geiger. Ma è davvero così? Critiche alla tecnologia – e al progresso in generale – ci sono state e ci saranno sempre.
Stiamo davvero barattando la nostra umanità e la nostra identità con sostituti simulati e sintetici? I dispositivi di cui ci stiamo circondando, e da cui stiamo diventando sempre più dipendenti, ci stanno rendendo schiavi alienati o stanno rafforzando la nostra empatia, connettendoci l’uno all’altro come mai prima nella storia?