Curare il morbo di Parkinson grazie ad un braccialetto intelligente. Un device altamente sofisticato che aiuterà i medici ad ottenere precise indicazioni sull’eventuale rischio e sull’avanzamento della malattia.
Un dispositivo tutto italiano. Nato nell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, il braccialetto smart si è già aggiudicato il Premio iNEMO Design Challenge, indetto da Stmicroelectronics. Il suo scopo, infatti, come anticipato, è quello di monitorare gli effetti che il morbo produce sull’organismo umano, dopo la spesso lunga latenza che porta ad una diagnosi molto tardiva. Tanto che, in alcuni casi, i danni riportati dal cervello non presentano nessuna tipologia di fattori che conduce alle conseguenze del Parkinson, come ad esempio il caratteristico tremore.
Esteticamente questo device ha proprio la forma di un bracciale. È formato da anelli inerziali sviluppati affinché siano in grado di misurare il movimento della mano, del polso e delle dita. “Lo stesso sistema può essere utilizzato anche durante le fasi successive della malattia”, affermano gli esperti del SSSA, “garantendo un monitoraggio nel tempo delle prestazioni motorie dei pazienti e risultando caratterizzato da un’elevata flessibilità“. Grazie a questi anelli di cui è composto, il dispositivo è capace di rivelare con precisione pressoché assoluta la quantità e la qualità dei movimenti degli arti e, nel caso di rilevamento di tremori anomali e legati alla malattia, lo segnala.
La vera rivoluzione è che il dispositivo può essere usato anche in casa, quindi non solo negli istituti ospedalieri. Questo fa sì che il paziente non sia mortificato dalla routine di controlli medici, ma venga seguito nel corso della consueta vita quotidiana.
Al momento, il braccialetto smart contro il Parkinson è in uso e sperimentazione su 150 pazienti, presso il reparto di neurologia dell’ospedale di Carrara. Inoltre, i test sono condotti anche su un campione di 100 persone sane “utilizzate” come gruppo di controllo, ossia per notare le differenze tra le informazioni fornite dal device. In tal modo, come afferma il ricercatore e coordinatore dell’Arl (Assistive robotics laboratory) Filippo Cavallo, “la possibilità di rallentare la malattia applicando terapie personalizzate tramite l’utilizzo di sensori che consentano la corretta e precisa valutazione dei pazienti già in fase precoce, rappresenta la principale innovazione sia clinica che scientifica della soluzione tecnologica presentata“.