La Cina si supera e porta il controllo delle comunicazioni ad un nuovo livello bloccando tutti i software di messaggistica cifrata quali Whatsapp, Telegram e Messenger per citarne alcuni.
Chiunque si trovi in Cina può essere fermato dalle autorità e oltre ai documenti sarà controllato anche lo smartphone in cerca delle applicazioni di messaggistica incriminate. Chi ne fosse trovato in possesso sarà trattato come un potenziale terroriste e per questo anche tradotto in carcere.
Tutto questo può accadere a Xinjiang, patria cinese della minoranza musulmana Uighur, a lungo laboratorio della repressione di internet. La Cina ha messo in atto un vero e proprio attacco frontale alla rete in questa regione in seguito a dibattiti on line sul malcontento locale. Ha imprigionato blogger ed editori online, ha bloccato l’intera rete internet di Xinjiang per più di dieci mesi nel 2009. Tuttavia, i residenti hanno sempre trovato il modo di eludere la censura e la sorveglianza nella ricerca della privacy e della libertà di espressione.
Per farlo usano reti private virtuali (VPN) e altri metodi come utilizzare applicazioni di messaggistica come WhatsApp e Telegram. Ad essere considerati illegali sono tutti i software cifrati che non consentano al governo di poter sorvegliare le comunicazioni tra i cittadini di Xinjiang.
Per questo motivo ad alcuni residenti è stato improvvisamente bloccato il servizio telefonico e invitati dai propri provider a rivolgersi alla polizia locale che li ha scoperti a usare delle VPN o a scaricare software per la messaggistica sicura. L’unico modo per riattivare la propria linea è stato quello di rimuovere i software in questione.
La denuncia arriva dalla Electronic Frontier Foundation, da sempre impegnata sul fronte della difesa della privacy. L’ultima pratica della censura cinese, che si fa sempre più aspra e invasiva, ora arriva ad intervenire in modo diretto sul dispositivo in quanto backdoor e software spia non bastano contro le app di messaggistica criptate.
Il pericolo che tale pratica possa diffondersi in tutto il Paese è più che concreta e potrebbe anche allargarsi ad altre nazioni visto che il blocco di tali applicazioni è stato richiesto anche da alcuni Paesi occidentali dopo gli attentati di Parigi dello scorso novembre. Tra le applicazioni incriminate c’era Telegram.