spina dorsale bionica
spina dorsale bionica

Una spina dorsale bionica. È l’idea futuristica di alcuni scienziati australiani che hanno progettato una colonna vertebrale artificiale in grado di permettere ai pazienti paralizzati degli arti inferiori del Royal Melbourne Hospital di poter tornare a camminare e a muoversi in autonomia.

Il meccanismo non sarebbe nemmeno troppo invasivo. Infatti, si tratta di un piccolo congegno bionico, Stentrode, che viene impiantato direttamente vicino al cervello,. Una procedura che richiede circa due ore di intervento mediante la pratica di un piccolo taglio sul collo. Questo sarebbe poi in grado di interagire con l’attività cerebrale, convertendo gli stimoli all’azione in movimenti effettivi, come gesti o atti. Il tutto coadiuvato da supporti esterni, quali protesi. Ovviamente, anch’esse bioniche.

spina dorsale bionica Lo stent, contenuto in un catetere, viene predisposto nella corteccia cerebrale del paziente ed è removibile in qualsiasi momento. Il congegno, inoltre, è dotato all’esterno di elettrodi che intercettano i segnali della corteccia cerebrale, trasmettendoli poi ad un piccolo congegno impiantato nella spalla del paziente.

La sperimentazione, almeno fino ad oggi, è stata condotta sugli animali, pecore nella fattispecie. E i risultati non sono mancati. Tanto che alcuni di essi hanno ripreso ad esercitare un controllo sugli arti bionici. Una nuova speranza, dunque, di poter tornare a camminare dopo incidenti che hanno provocato paralisi e danni permanenti.

Il piccolo congegno è lungo 3 cm, con un diametro di pochi millimetri. La sua funzione è quella di registrare l’attività cerebrale e convertire i segnali in comandi. I test sugli animali hanno dimostrato che la spina dorsale bionica può controllare gli arti emettendo segnali lungo tutto l’arco della sperimentazione stessa, ovvero 190 giorni.

Stentrode, progettato e sviluppato da una squadra di 39 neurologi e ingegneri biomedici del Royal Melbourne Hospital, in collaborazione con i colleghi dell’University of Melbourne e del Florey Institute of Neuroscience and Mental Health, hanno resa nota la loro intenzione di proseguire nella sperimentazione del congegno.

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