I robot che erano stati inviati nella centrale nucleare di Fukushima in Giappone dopo il disastro del 2011 sono “morti” a causa delle eccessive radiazioni. Gli androidi avrebbero dovuto recuperare le barre di combustibile nucleare parzialmente fuse, ma la loro dipartita ha complicato parecchio i piani per la messa in sicurezza della zona.
La speranza era che i bracci meccanici potessero risolvere la complessa situazione di Fukushima, invece le radiazioni hanno mandato in corto circuito i cablaggi dei robot, danneggiandoli in modo irreversibile. La progettazione degli automi aveva richiesto anni, l’obbiettivo era quello di trovare e rimuovere le circa 566 barre di combustibile disperse nei tunnel delle piscine dell’impianto.
Negli ultimi cinque anni la TEPCO, l’operatore della centrale, ha completato solo il 10% dei lavori di risanamento del sito. Proprio per questo, la nuova sconfitta tecnologica diventa ancora più allarmante per il futuro. Infatti, non è chiaro se sarà possibile produrre dei nuovi robot capaci di resistere all’incredibile forza devastante delle radiazioni.
La soluzione sembra ancora molto lontana. Posto che si riescano a raggiungere le barre grazie ad una nuova generazione di robot che, comunque non sarà pronta prima di due anni, bisognerà trovare un luogo di stoccaggio adatto su cui per adesso non ci sono ancora certezze.
Il manager del sito, Akira Ono si è detto “profondamente preoccupato” anche dall’acqua radioattiva, che veniva utilizzata per raffreddare i reattori e che ancora oggi scorre nel sottosuolo di Fukushima. La barriera costruita dalla TEPCO per arginare il problema, sembra funzionare solo a metà. Infatti, alcune falle hanno permesso all’acqua di trovare delle scappatoie, riversandosi nel Pacifico.
Il disastro risale al 2011 e fu originato da uno dei peggiori tsunami mai avvenuti nella storia, causando la morte e la scomparsa di quasi 19.000 persone. Oggi, a cinque anni di distanza il risanamento del sito appare ancora lontano e pieno di insidie, si presume che saranno necessari almeno altri 30-40 anni prima che l’area sia bonificata.