Safety Check è una delle tante applicazioni e servizi che Facebook mette a disposizione dei propri iscritti. Questa, in particolare, offre l’opportunità agli utenti di avvisare amici e familiari di stare bene se ci si trova in luoghi appena colpiti da stragi, catastrofi naturali o attentatati terroristici. Ma c’è un “ma”. Stavolta, pare esserci stato un disguido.
Lo strumento messo a disposizione del social, infatti, pare abbia sbagliato latitudine. La domanda: «Stai bene? L’esplosione ha coinvolto anche te?» ha creato momenti di angoscia ed apprensione in Italia. Dove, per la verità, si era più impegnati con i festeggiamenti della Santa Pasqua.
In tal modo, è pur vero che non si sono intasate le linee telefoniche e le comunicazioni grazie alla funzione di Facebook, ma la gaffe è stata grossa ed anche un po’ preoccupante. Sì, perchè in questi giorni di ansia dovuta ai recenti attentati terroristici di Bruxelles, diversi utenti italiani del social di Mark Zuckerberg si sono visti arrivare sullo smartphone o sulle notifiche dell’account il “safety check” in questione.
L’applicazione, che precedentemente nel caso di attentati o calamità naturali aveva funzionato alla perfezione, questa volta ha “toppato” e si riferiva all’attentato in Pakistan, a Lahore. Il social, dunque, ha lanciato il messaggio per sbaglio, indirizzandolo però agli italiani e anche a tanti altri utenti sparsi per il pianeta.
Un bug?
A quanto pare, il “disguido social” è stato causato da un “bug” che ha colpito l’algoritmo che regola il servizio in base alla geolocalizzazione dei profili registrati su Facebook. Pronte le scuse e solerte la risoluzione del problema.
Il sistema è, purtroppo, una vecchia conoscenza. Lo abbiamo conosciuto la prima volta nel 2011 in occasione dello tsunami che colpì il Giappone. L’idea, nata per essere usata in caso di calamità naturali, è stata successivamente ereditata anche in altri frangenti come, appunto, attentati terroristici. Ma ci auguriamo che simili disguidi non contribuiscano a fomentare inesorabilmente e ulteriormente stati di panico che, di questi tempi, proprio non occorrono.