Il Brasile si è fatto portavoce di un nuovo blackout per WhatsApp. A stabilirlo è stato il giudice Marcel Montalvao del tribunale di Legarto, nello Stato di Sergipe, attraverso una sentenza emessa in data 26 aprile 2016. L’uomo ha ordinato alle cinque maggiori compagnie di rete fissa e mobile – TIM, Oi, Vivo, Claro e Nextel – di interrompere il servizio di messaggistica istantanea per 72 ore, a partire dalle ore 14,00 locali (ore 19,00 in Italia).
Benché la notizia desti molto stupore, non è la prima volta che l’applicazione venga sospesa in Brasile. Infatti, già nel mese di dicembre 2015, WhatsApp era stata disattivata per 48 ore, dal medesimo giudice, a causa di una mancata collaborazione della piattaforma – di proprietà di Facebook – a un’importante indagine penale.
Tale blocco aveva, letteralmente, mandato in crisi quasi 100 milioni di utenti brasiliani. Giovani e adulti avevano provato – in tutti i modi possibili e immaginabili – a sostituire o riattivare l’app, ripiegando sul rivale Telegram o simulando di essere online in un altro Stato. Tuttavia, ogni tentativo di aggirare il sistema si dimostrò vano; e in molti furono costretti a optare per il metodo classico, quello infallibile delle chiamate.
Tornando alla vicenda di questi giorni, il provvedimento sembrerebbe essere scattato per un motivo analogo al fatto accaduto nel dicembre 2015. Secondo quanto riportato dalle testate giornalistiche brasiliane, le cinque compagnie telefoniche – TIM, Oi, Vivo, Claro e Nextel – si sarebbero rifiutate di fornire informazioni sensibili alle autorità brasiliane, impegnate nello svolgimento di alcune indagini legate al traffico di droga.
Pertanto, Marcel Montalvao – che nel mese di marzo ha portato all’arresto di Diego Dzodan, vicepresidente di Facebook per l’America Latina – non solo avrebbe imposto la sospensione del servizio per una durata di 72 ore, ma avrebbe addirittura decretato una multa giornaliera pari a 500 mila Reais, ovvero circa 125 mila Euro, al gestore telefonico che non intenderà rispettare la disposizione.
Dopo i numerosi casi di spionaggio avvenuti negli Stati Uniti, Dilma Rouseff – Presidente del Brasile – ha voluto fortemente introdurre, nella Legge brasiliana, alcune norme sulla protezione e sul trattamento dei dati personali e sul controllo dei server.