Nel Regno Unito, i ricercatori della “Cardiff University’s School of Engineering” hanno realizzato un metodo non invasivo e indolore per soppiantare, definitivamente, il test della glicemia. Infatti, il dispositivo utilizza un sistema di microonde per determinare la quantità di zuccheri presenti nel sangue nei soggetti affetti da diabete mellito di tipo 1, diabete di tipo 2 e diabete gestazionale.
Purtroppo, chi soffre di questi disturbi metabolici viene sottoposto a prelievi giornalieri per monitorare, in maniera costante, il livello di glucosio presente nel sangue. Il metodo più diffuso, per effettuare tale analisi, prevede una piccola puntura sulla superficie della falangetta attraverso la quale fuoriesce il campione di liquido che, in una fase successiva, viene analizzato dai tecnici di laboratorio.
Proprio nei giorni scorsi, abbiamo parlato de dispositivo elettronico messo a punto da Google, che potrebbe consentire il recupero della vista attraverso l’impianto di un microscopio nella capsula del cristallino dell’occhio. Insomma, sembra proprio che la tecnologia abbia deciso di impegnarsi per consentire alla scienza di compiere miracoli.
Lo dimostra un team di esperti della “Cardiff University’s School of Engineering“, elaborando un sistema intelligente in grado di sfruttare le microonde, ovvero le radiazioni elettromagnetiche, per offrire una valida alternativa ai pazienti malati di diabete e per migliorarne la qualità di vita.
“Il nostro device non è invasivo, non richiede l’estrazione di sangue tranne che per la calibrazione iniziale” specificano i ricercatori. Benché la prima volta venga resa necessaria una piccola puntura, nei monitoraggi successivi sarà sufficiente applicare il dispositivo sulla pelle, mediante un adesivo del tutto privo di sostanze chimiche. Durante l’esame, lo strumento emette una serie di microonde a bassa frequenza per non recare danni all’organismo. Il Professor Adrian Porch, responsabile del progetto, rassicura che la propagazione di tali onde sia di gran lunga inferiore rispetto a quella diffusa, normalmente, da un qualsiasi smartphone.
Al momento, risulta che la prima fase del test – condotta nella “Swansea University College of Medicine” su 50 volontari – abbia ottenuto un esito positivo. Tuttavia, bisognerà attendere ancora altri cinque anni prima che il dispositivo venga utilizzato nelle strutture ospedaliere.