Il prossimo 4 luglio 2016, la sonda spaziale Juno entrerà nell’orbita di Giove, il gigante gassoso del Sistema Solare. L’obiettivo della NASA è studiare, attraverso questa missione, i campi gravitazionali e magnetici del pianeta, la sua atmosfera, la quantità di acqua presente sulla superficie e la composizione chimica. Per portare a termine le analisi, la navicella farà affidamento a due strumenti italiani: JIRAM e KaT.
Una data storica non solo perché gli Stati Uniti celebrano i 240 anni dalla Dichiarazione d’Indipendenza, ma poiché nello spazio la sonda Juno accenderà, finalmente, i motori per 35 minuti. Dopo 5 lunghi anni di viaggio e circa 3 miliardi di chilometri percorsi, la navicella spaziale andrà a inserirsi in un’orbita polare, nei pressi di Giove, con un periodo di 11 giorni.
Giove e i suoi segreti
Stiamo parlando del più grande pianeta di tutto il sistema planetario, situato a circa 780 milioni di chilometri dal Sole. Dunque, lo strumento inizierà un periodo di intensa attività scientifica basata sulla raccolta di dati fondamentali. Nello specifico, la sonda si occuperà di approfondire le dinamiche legate ai campi gravitazionali e magnetici del gigante gassoso; di analizzare la composizione dell’atmosfera e della struttura interna del pianeta; e di rilevare la quantità di acqua che ricopre la sua superficie.
Tutte le informazioni saranno raccolte entro il 2017, data in cui è stato stimato il termine ultimo della missione. Esse aiuteranno gli esperti a comprendere l’origine del Sistema Solare e a far luce sulla formazione del pianeta Giove. Studiare le aurore boreali, già ampiamente osservate dalla Terra, permetterà agli scienziati di cogliere i meccanismi di tali fenomeni in relazione al campo magnetico del pianeta e alla sua interazione con l’atmosfera, caratterizzata da venti e da abbondanze di ossigeno e azoto.
Al di sotto delle nubi gioviane, dove uno strato di idrogeno ad altissima pressione agisce come conduttore elettrico, potrebbero insediarsi potenziali problemi. La NASA ritiene che la rotazione repentina di Giove, che dura appena 10 ore, combinata con gli effetti prodotti dall’idrogeno metallico, potrebbe generare un potente campo magnetico attorno al pianeta, composto da elettroni, protoni e ioni che viaggiano pressappoco alla velocità della luce.
Una sonda spaziale alimentata da collettori solari
“Esattamente un anno fa, stavamo procedendo alle correzioni di rotta per sorvolare al meglio Plutone con la New Horizon. In questi giorni ci stiamo preparando per porre in orbita gioviana la sonda che sorvolerà Giove a una distanza mai raggiunta prima” ha precisato Diane Brown, responsabile del progetto. Lanciata nel 2011, la sonda si inserisce all’interno del programma “New Frontiers“, condotto dalla Nasa e dedicato a missioni i cui costi non devono superare i 700 milioni di dollari.
Proprio per contenere le spese della missione, gli scienziati hanno pensato di sostituire il generatore nucleare con l’applicazione di pannelli solari. Pertanto, Juno verrà alimentata da tre collettori solari lunghi 9 metri ognuno, per un totale di 18.698 celle. Essi garantiranno l’energia del Sole alla navicella spaziale, malgrado l’enorme distanza che intercorrerà inevitabilmente tra i due.
L’Italia sarà protagonista nella missione promossa dalla NASA
“L’Italia con ASI e INAF è partner principale della NASA in questa missione, dedicata al più grande dei pianeti del sistema solare” ha voluto sottolineare Enrico Flamini, Coordinatore Scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana. “A bordo della sonda viaggeranno due strumenti italiani: KaT (Ka-Band Translator), l’unica misura della radioscienza che sarà in grado di scrutare l’interno profondo di Giove; e JIRAM (Jupiter InfraRed Auroral Mapper), uno spettrometro ad alta risoluzione all’infrarosso, uno strumento molto innovativo“.
In particolare, JIRAM appartiene a una famiglia di tecnologie attualmente impiegate in altre missioni e che si trovano sotto la supervisione dell’esperto Alberto Adriani dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell’INAF di Roma. Tra i vari dispositivi, connessi a questo spettrometro, ricordiamo: VIRTIS su Rosetta e Venus Express, VIR a bordo di Dawn della NASA e, infine, VIMS nella missione Cassini NASA-ESA-ASI e in orbita attorno a Saturno. Una strumentazione sviluppata dal team di ricerca condotto dalla planetologa INAF Angioletta Coradini, scomparsa ormai cinque anni fa.
Grazie a Juno e alla missione BepiColombo – quest’ultima sarà portata a compimento tra un anno e mezzo dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA) -, la comunità scientifica italiana sarà protagonista di scoperte rivoluzionarie mediante l’applicazione di tecnologie all’avanguardia, legate a prodotti made in Italy.
Applicata a Juno vi sarà una placca dedicata a Galileo Galilei
L’Agenzia Spaziale Italiana ha fornito una placca dedicata al luminare Galileo Galilei. Si tratta di una copia in alluminio ritraente il manoscritto originale in cui il fisico descrisse, per la prima volta, le quattro lune di Giove, note anche come “Lune Galileiane“. Inoltre, a bordo vi saranno anche tre figurine LEGO volte a rappresentare Galileo, Giove e la sua sposa Giunone.
La scelta del nome “Juno”
Secondo la mitologia, Giunone (per i latini Juno) riuscì a scoprire i segreti del marito Giove dissipando la fitta coltre di nubi in cui egli si celava. L’obiettivo della navicella spaziale sarebbe analogo. Infatti, la missione prevede il completamento di oltre trenta orbite attorno all’enorme pianeta per tentare di offrire una visione dettagliata del gigante gassoso e dell’ambiente a esso circostante.