Syria Go è l’idea di un artista siriano, scappato alla guerra e rifugiatosi in Danimarca, volta a fare luce sulla guerra che sta distruggendo il suo paese, grazie al successo recente ottenuto dall’applicativo per Android ed iOS “Pokémon Go”.
Saif Aldeen Tahhan, rifugiato siriano, ha proposto, attraverso il suo account Twitter e Facebook, di provare una nuova ed avvincente avventura in realtà aumentata, simile a quella offerta proprio dall’applicativo che sta spopolando in questi giorni, remake del celebre videogioco degli anni ’90. Il suo presunto gioco sarebbe ambientato nell’attuale Siria e mirerebbe a ritrovare gli oggetti di uso quotidiano a cui la popolazione non ha più accesso da diversi anni.
Syria Go, un modo per sensibilizzare l’occidente
Il messaggio, piuttosto chiaro, è arrivato mediante immagini dure e crude ed è volto a sensibilizzare i paesi “maggiormente sviluppati” sulla vicenda e sulle terribili condizioni di vita in cui è costretto a versare la sua nazione natale.
Secondo le parole dello stesso ideatore dell’iniziativa: « La gente è divenuta completamente pazza con quest’applicazione! Ho utilizzato, dunque, quest’idea per far arrivare il mio messaggio: salvare delle vite umane è più importante che cercare Pokémon. »
Il ragazzo ha poi continuato spiegando nel dettaglio il contenuto ed il significato delle immagini pubblicate: « Ogni oggetto rappresenta un diritto fondamentale al quale il popolo siriano non ha più accesso. I libri, ad esempio, fanno riferimento al diritto all’educazione, diritto negato a circa il 40% dei giovani siriani tra i 6 ed i 17 anni. »
Nelle immagini del web designer, infatti, è possibile individuare lo scopo del gioco di fantasia: cercare libri virtuali in scuole disastrate, dolci pupazzi tra le vie stracolme di cadaveri o medicinali tra macerie e rovine.
L’iniziativa ha riscosso notevole successo sul web ed è stata particolarmente apprezzata dagli utenti. Ora, però, tocca agli uomini di potere ed ai governi fare la loro parte per rimediare agli errori del passato e per dimostrare di essere ancora in possesso di un briciolo di umanità.