Il 43% degli astronauti, che hanno partecipato alle Missioni Apollo, sono morti per problemi cardiovascolari. Si tratta di un dato significativo, emerso da uno studio condotto dalla Florida State University. Secondo la ricerca, i protagonisti di questi “viaggi lunari” sono stati esposti a intense quantità di raggi cosmici che hanno compromesso la salute del loro cuore.
Il “Programma Apollo” conquistò la Luna
Chi non conosce lo storico “Programma Apollo“? Il cui obiettivo venne raggiunto il 20 luglio 1969, quando Neil Armstrong e Buzz Aldrin sbarcarono, per la prima volta, sulla Luna; mentre il loro compagno Michael Collins rimase in orbita lunare. La missione Apollo 11 venne seguita da altre sei importanti imprese, l’ultima portata a termine nel dicembre 1972. Tuttavia, a oggi sono stati soltanto 12 gli uomini che hanno avuto il privilegio di mettere piede sul suolo lunare.
Le radiazioni cosmiche hanno causato disturbi cardiovascolari negli astronauti coinvolti nelle “missioni lunari“
Eppure, tra questi cosmonauti, diversi sarebbero deceduti a causa di disturbi cardiovascolari. Lo ha spiegato il professor Michael Delp, docente presso la Florida State University, sulla rivista “Scientific Report“. L’esperto ha precisato che “Sappiamo molto poco circa gli effetti delle radiazioni dello spazio profondo sulla salute umana. Questo studio è il primo che, monitorando la mortalità degli astronauti delle missioni Apollo, dà uno sguardo sui possibili effetti negativi delle radiazioni sugli esseri umani“.
Delp ha condotto una ricerca sui 24 membri della Nasa coinvolti in questi viaggi con destinazione il satellite naturale della Terra. Lo studio ha evidenziato un dato davvero importante. Diversi anni dopo la chiusura del programma spaziale, il 43% dei protagonisti avrebbe manifestato alcuni problemi di natura cardiovascolare. Denominatore comune a tutte le vittime era il fatto che questi uomini avessero viaggiato in un’orbita piuttosto elevata. Insomma, si tratterebbe di un dato quattro/cinque volte superiore alle media consueta degli astronauti che hanno raggiunto orbite più basse o che non si sono allontanati dall’orbita terrestre.
Un esperimento condotto su topi di laboratorio
Gli scienziati hanno esposto topi di laboratorio a radiazioni della stessa frequenza e della stessa intensità prodotta delle radiazioni cosmiche che hanno “assorbito” i cosmonauti. Attraverso questo esperimento, i ricercatori hanno dimostrato che, dopo circa 6 mesi dall’esposizione ovvero pressappoco 20 anni umani, i ratti hanno cominciato ad accusare alcuni disturbi alle arterie. Nello specifico, i topi hanno evidenziato un restringimento delle medesime che, in genere, favorisce lo sviluppo di malattie cardiovascolari aterosclerotiche nell’uomo.
Uno studio precedente, invece, aveva rivelato i danni nefasti causati dalle radiazioni cosmiche sul cervello. A ogni modo, la ricerca che vi abbiamo presentato in questa sede ha messo in luce la necessità di proteggere la salute dei prossimi cosmonauti che viaggeranno in direzione di Marte.