Nella giornata del 2 settembre 2016, la sonda Rosetta ha ritrovato Philae, incastrato in un crepaccio della cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko. Del lander si erano perse le tracce lo scorso 2 novembre 2014, subito dopo l’atterraggio.
OSIRIS, l’occhio elettronico di Rosetta, si trovava a 2700 metri dalla superficie della cometa 67P, quando ha individuato Philae. Per quasi due anni, il lander sarebbe rimasto incastrato in una fessura, a seguito di un malfunzionamento degli arpioni di ancoraggio durante la fase di atterraggio.
Fino a qualche giorno fa, l’ultimo avvistamento della navicella spaziale risaliva al momento dell’impatto con Agilkia, il primo punto d’approdo sulla superficie del corpo celeste. Philae, pur rimbalzando diverse volte, era riuscito a rimanere in volo. Dopo la discesa verso Abydos e ben tre giorni di perlustramento, il lander aveva cessato le sue attività. Tuttavia, nel giugno del 2015, grazie all’assorbimento dell’energia solare, il lander era riuscito a ricaricare le proprie batterie emettendo un segnale .
“È una notizia meravigliosa anche perché finalmente possiamo avere le informazioni che ci mancavano. Ora conosciamo i dati raccolti dal lander durante i tre giorni di operazioni scientifiche. E sappiamo qualcosa di più sulla struttura del terreno” sottolinea Matt Taylor dell’ESA, ovvero il project scientist di Rosetta.
“È una scoperta notevole, che giunge al termine di una ricerca lunga e minuziosa. Ormai stavamo per dare Philae per perso. È incredibile essere riusciti a catturare queste immagini proprio all’ultimo momento“, ha aggiunto il collega Patrick Martin, il mission manager di Rosetta. L’esperto ha spiegato che, tra meno di un mese, Rosetta toccherà la superficie di 67P. Difatti, a partire dal prossimo 30 settembre, la sonda compirà il suo viaggio finale verso la cometa per studiarne da vicino la composizione interna e la regione Ma’at.
“Con ancora appena un mese scarso di missione davanti a noi, siamo felicissimi di essere finalmente riusciti ad avere un’immagine di Philae. E di vederlo a un livello di dettagli sorprendente“, ha concluso la ricercatrice Cecilia Tubiana.