Con la fine della produzione di Samsung Galaxy Note 7 e l’eco del secondo recall sui global media servirà un po’ di tempo al colosso sudcoreano per riparare ai danni alla propria reputazione. Con il primo recall, l’azienda non è riuscita a riparare il noto difetto di batteria che ha portato, come sicuramente ormai saprete, alla combustione e addirittura all’esplosione di moltissimi devices. Ci sono dunque molte domande a cui manca ancora una risposta, Samsung sta indagando e sicuramente volerà qualche testa nella divisione manufacturing, proviamo anche noi però a dare una spiegazione a questo unicum nella storia della telefonia.
Come detto, Samsung ha dichiarato di essersi messa alacremente al lavoro per trovare una causa di tutto questo disastro e noi probabilmente non verremo mai a sapere davvero quale sia stato il problema alla base, le teorie che gli esperti del settore stanno dando sono varie, scopriamole insieme.
Pessime batterie.
Dopo i reports delle prime esplosioni, gli ingegneri di Samsung avevano concluso che il difetto fosse da imputare a delle partite di batterie difettose arrivate dal fornitore. Nello specifico la compagnia era convinta che queste batterie difettose, fornite tra l’altro da una divisione interna, Samsung SDI, avessero un qualche genere di problema alla base, per cui la contromisura primaria è stata affidare la produzione delle batterie al fornitore alternativo di Samsung, ossia Amperex Technology Ltd (ATL).
Le batterie disegnate da Samsung SDI, prodotte in Vietnam e Sud Corea, soffrivano di un difetto che portava ad un cortocircuito all’interno delle celle al litio e, quando questo succedeva, la fuga di calore causava un rapido surriscaldamento delle celle che, in qualche caso, esplodevano o prendevano fuoco.
Samsung ha stimato che solo un device su 42000 soffriva di questo difetto ma, in ogni caso, con il primo recall, l’azienda ha iniziato con il sostituire 2.5 milioni di Note 7 potenzialmente pericolosi per gli utenti con quelli dotati di batterie prodotte da ATL.
Sfortunatamente questo recall non ha fermato i report di Note 7 in fiamme o esplosi portando, come sappiamo, al blocco completo della produzione.
Un nuovo report degli investigatori sembra che abbia portato alla conclusione che anche le batterie di ATL avessero l’identico problema, spostando quindi l’attenzione non sulla produzione ma sul progetto. Samsung ha quindi optato per un secondo recall dei 190.984 Galaxy Note 7 venduti in Cina.
Non c’era abbastanza spazio.
Oltre quindi ai problemi di produzione, un report preliminare non reso pubblico da parte dell’Agenzia Coreana per la Tecnologia, ha rivelato che l’azienda avrebbe potuto, per errore, aver prodotto un device con una scocca troppo stretta che avrebbe messo quindi la batteria sotto pressione. Quindi, la non perfetta ottimizzazione dell’assemblaggio avrebbe portato ad aggiungere tensione fisica alla batteria portando i poli positivo e negativo a venire in contatto tra loro con le conseguenze che conosciamo. Questo problema sarebbe stato dato dall’insufficienza di strato di isolamento tra i due poli della batteria che quindi sarebbero stati sottoposti a rischio di rottura molto facilmente, anche solo tramite pressione della scocca posteriore del device. In parole povere, lo spazio limitato all’interno del chassis potrebbe aver rovinato fisicamente la batteria.
Gli ioni di litio che si trovano negli smartphone odierni sono disposti su strati molto densi al fine di espandere le capacità delle suddette batterie e quindi, una ulteriore compressione sicuramente può causare problemi visto e considerato che già con il normale surriscaldamento, le batterie tendono ad espandersi.
Chiaramente il problema non sta nello chassis ma, anche secondo gli esperti, le batterie prodotte da SDI erano semplicemente troppo grandi per il Galaxy Note 7.
Colpa del Fast Charge.
Il difetto dei Galaxy Note 7 è stato collegato anche alla tecnologia di fast charging di Samsung. Secondo il Financial Times che ha raccolto delle dichiarazioni da alcuni membri del consiglio esecutivo di Samsung, il problema potrebbe essere sorto anche dagli aggiustamenti fatti al processore al fine di accelerare i tempi di ricarica della batteria: “If you try to charge the battery too quickly it can make it more volatile. If you push an engine too hard, it will explode. Something had to give. These devices are miracles of technology — how much we can get out of that tiny piece of lithium-ion.”
In ogni caso, il teardown del sito ChipWorks.com ha rivelato l’uso del Dialog Charging Chip DA9155 insieme a quello del circuito integrato MAXIM Power (prodotto da Samsung stessa). La cosa da notare è che questo DA9155 non è presente in S7 e S7 Edge, questo chip ha lo scopo di estendere la capacità di corrente del circuito integrato MAXIM Power al fine di incrementare la corrente di carica fino a 2500mA ed il tutto è controllato dall’Application Processor (AP).
Non sappiamo come l’AP sia stato programmato da Samsung per controllare le caratteristiche di ricarica della batteria ma è possibile che gli ingegneri abbiano usato questo circuito integrato per spingere il fast charge di Galaxy Note 7 ben oltre i limiti della batteria. Inoltre questo ci porta direttamente a chiederci come mai questo tipo di problema non sia stato risolto con un aggiornamento del firmware che avrebbe potuto tranquillamente abbassare l’output di corrente o addirittura spegnerlo.
Una combinazione di fattori.
Nonostante settimane di test, secondo il New York Times, gli ingegneri di Samsung non sono stati capaci di riprodurre incendi ed esplosioni. Sembra che la compagnia non riesca assolutamente a capire quale sia la causa reale di questi problemi e questo suggerirebbe ai maligni che il difetto possa riproporsi nei prossimi devices.
Presumibilmente l’ambiente all’interno della compagnia non ha aiutato nella risoluzione del problema, difatti, due ex dipendenti Samsung, che si sono fatti scudo con l’anonimato, hanno descritto il loro ex luogo di lavoro come una specie di caserma con ordini che arrivano da manager che non necessariamente capiscono a dovere l’attuale tecnologia all’interno dei prodotti. Inoltre Samsung ha di fatto vietato a chiunque all’interno dell’azienda di rilasciare dichiarazioni in merito alla questione.
Samsung potrebbe aver fatto la cosa giusta dando inizio al recall di tutti i devices e cessando la produzione dei Galaxy Note 7 ma comunque da oggi ci sarà sempre un legittimo sospetto che la compagnia avrebbe potuto salvare i Galaxy Note 7 se solo si fosse presa il tempo necessario per capire e risolvere il problema prima di sostituirli con dei prodotti altrettanto difettati.