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I problemi di Samsung con il Galaxy Note 7 derivano dalla cultura del lavoro dell’azienda sudcoreana. Quella che è stata da sempre la spina dorsale della società ha, forse, prodotto come risultato il disastro avvenuto con la decisione finale di ritirare il phabelt top di gamma dal mercato e di fermarne la produzione.

A Samsung non si può dire mai di no. Se si decide una scadenza questa non può essere rinviata in nessun caso, un “no” non è accettato come risposta sia dai dirigenti (e a cascata nemmeno dagli altri lavoratori) sia dalle aziende partner. Una visione del lavoro che ha portato l’azienda sudcoreana a diventare il colosso che è oggi, ma anche al disastro di questi mesi.

Secondo Recode l’errore che ha portato al corto circuito della batteria è una vite non fissata a dovere, quella che tiene la batteria agganciata allo smartphone. Questo errore è da ricondurre alla catena di montaggio in cui l’assemblaggio è fatto da esseri umani che possono commettere degli errori e per questo esistono poi i test sul prodotto finito.

A prescindere da quale sia stato il problema che ha portato al ritiro del Galaxy Note 7 è chiaro che un errore ci sia stato. Un errore che, un’azienda che produce 100.000 unità al giorno, non può non tenere in conto soprattutto quando i ritmi di produzione sono così alti. Ma a Samsung non si può dire di no.

Dunque, non solo un errore tecnico. È chiaro che c’è un problema molto serio con i canali di comunicazione interna dalla fabbrica di batterie e la sede del gruppo. È una delle molte domande su Samsung, i suoi problemi strutturali e il loro impatto sulla gestione del prodotto. Se un “no” non è concepibile nelle menti degli alti dirigenti dell’azienda è evidente che è da qui che bisogna iniziare a ragionare sui motivi che hanno portato alla catastrofe.

La cultura del lavoro di Samsung è il vero motivo del fallimento del Note 7. Se è vero che questa cultura ha ottenuto grandi risultati, è anche vero che è giunto il momento di cambiare strategia. Samsung non è più un’azienda che insegue, è una realtà affermata e in quanto tale deve imparare a modificare i propri parametri in base alle esigenze di mercato che è poi il cliente ultimo che le consente di continuare ad esistere.

Come già analizzato in un altro articolo, i problemi dell’azienda sono iniziati molto prima dell’ultimo phablet prodotto. Sono iniziati con i cambiamenti adottati con i Galaxy S6 e da allora è stato un susseguirsi di problematiche frutto di una scarsa capacità di adattarsi ad un tipo di lavoro differente in cui a primeggiare dovrebbe essere la creatività, quella che in ultima analisi “crea” innovazione.

Sulla carta il Galaxy Note 7 è ineguagliabile e se non fosse successo quello che tutti sappiamo non avrebbe avuto rivali perché un prodotto simile non esiste. Da quando nel 2011 è stato presentato il primo prodotto della serie Note (non apprezzato dalla critica) i tentativi di emularlo sono stati tantissimi, ma nessuno mai è riuscito ad eguagliare la qualità e le caratteristiche del phablet sudcoreano.

Un dispositivo unico e dai molteplici utilizzi. Si rincorrono voci della fine della lineup Galaxy Note, improbabile che ciò avvenga. Anzi, è molto probabile che Samsung voglia riscattarsi e proporre il prossimo anno un Galaxy Note degno del suo nome, ma questo sarà possibile solo se avverrà un cambiamento nella mentalità dell’azienda, solo se a Samsung si potrà dire di “no“.

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