Huawei è diventato oggigiorno uno dei maggiori produttori mondiali di smartphone e tablet. Un successo immenso, denotato da tanto lavoro e sacrificio che il gruppo cinese ha sopportato negli ultimi anni e che l’hanno portato a sbaragliare in molti casi la concorrenza. Ecco cinque simpatici aneddoti di cui la maggior parte degli utenti non è a conoscenza.
Essendo Huawei un’azienda cinese, fondata Shenzhen solo 29 anni or sono (1987), il suo nome originale è scritto con lettere cinesi: 華為. Chi mastica un po’ di cinese, però, si sarà reso conto che questi logogrammi (caratteri) non hanno alcun significato specifico.
Se proprio si vuole analizzare nel merito, ci si può rendere conto che tra questi caratteri vi p il primo indicante (tra le altre cose) l’universo floreale, logo per l’appunto del marchio. Il secondo, invece, potrebbe essere interpretato con il significato di “riuscita“. Da sempre uno degli obiettivi principali di ogni imprenditore che si rispetti.
Un altro problema, ben più importante, è quello relativo alla pronuncia ufficiale. Secondo la logica italiana dovrebbe essere pronunciato “uàwey”. Ma la verità è ben diversa, infatti, in mandarino la vera pronuncia è ben più complessa: “hwawèy“. Un vero e proprio scioglilingua, che in pochi potrebbero riuscire a pronunciare correttamente.
ITC è un termine non molto noto che significa «Information and Communications Technology”. Un campo importantissimo per la tecnologia in generale, di cui Huawei è pioniera sin dalla sua stessa nascita. E bene si, il colosso non è solo un semplice produttore di smartphone e tablet Android. In Germania, ad esempio, la società è al lavoro (in collaborazione con Telekom) per migliorare la già esistente rete 4G mobile.
Inoltre, il gruppo dona un’importanza capitale alla sua divisione “Ricerca e sviluppo”, impiegando quasi 90.000 ricercatori (la metà del totale impiegati) ed investendo milioni di euro ogni anno.
Huawei è il nome sicuramente più noto ai più dell’intero gruppo di imprese ad esso collegate. Ma perché avere tante imprese con la stessa finalità? Bè la risposta alla domanda è piuttosto semplice e scontata: al fine di differenziare la sua produzione e, dunque, raggiungere il maggior numero di clienti o possibili acquirenti sul mercato, la società cinese ha deciso di creare numerose filiali. In altre parole, la complessa rete di organizzazione strategica non ha altro scopo che quello di superare tutte le dirette concorrenti sul mercato, vale a dire Samsung ed Apple.
Se ancora non avete compreso di cosa stiamo parlando, vi citiamo Hisilicon
(100% sotto il controllo di Huawei) ed Honor. Due aziende di per sé molto note, interamente (o quasi) sotto il controllo della holding cinese. Un manifestazione di tale organizzazione gerarchica è evidente analizzando specifiche e funzionalità dei vari device proposti dai differenti gruppi.Prima del tanto ambito successo mondiale, il colosso ha incontrato notevoli difficoltà ad affermasi sul mercato americano a causa delle numerose indiscrezioni riguardo un suo possibile scopo illecito. Secondo le autorità americane, infatti, i dispositivi venduti avevano come unico scopo quello di spiare l’occidente. Una giustificazione piuttosto complottistica, dovuta essenzialmente al fatto che il creatore dell’azienda, Ren Zhengfei, avesse lavorato nell’esercito cinese.
L’ormai celebre Edward Snowden ha divulgato qualche tempo fa decine e decine di documenti che mostravano la NSA (National Security Agency) hackerare i servers di Huawei per leggere le sue e-mail e le informazioni sensibili sulla sua catena di produzione.
Un’altra vicenda particolare che interessa sempre da vicino Huawei, è quella relativa all’eterna lotta sul possesso dei brevetti. Una battaglia intrapresa su più fronti e di cui il più acerrimo rivale sembra identificarsi in Samsung. Nello scorso luglio, infatti, l’azienda sud-coreana si sarebbe rivolta alle autorità competenti di Pechino denunciato una violazione dei diritti di proprietà intellettuale. In particolare si tratta di 6 brevetti, per un danno stimato totale che si aggira intorno ai 12 milioni di dollari. Mica spiccioli.
Ultimo aneddoto (ma non meno importante) è quello riguardante la struttura gerarchico/aziendale del gruppo cinese. Infatti, quest’ultima è interamente basata sul concetto di azionariato salariato, vale a dire un sistema in cui il lavoratore è incentivato a dare il meglio di sé e far crescere l’impresa, grazie alla possedimento di un determinato numero di azioni. Come si può ben evincere, dunque, più la società cresce e migliora sul mercato, più il prezzo dei relativi titoli sale, facendo lucrare il lavoratore stesso.
Analizzando più di preciso, è possibile notare che il creatore detiene solamente l’1,4% delle quote societarie; mentre i restanti lavoratori si spartiscono il resto. Un meccanismo estremamente efficace che permette agli stessi impiegati di lavorare all’unisono e sulla base di voto maggioritario alle stesse decisioni di politica aziendale. Purtroppo per noi azionisti e speculatori occidentali, però, Huawei non è ancora quotata in Borsa, anche (e soprattutto) a causa dell’interdizione ai cittadini stranieri di partecipare a questo tipo di struttura.
Una visione a lungo termine, dunque, capace di donare la giusta importanza ad uno dei marchi più stimati del settore. E voi di quanti di questi simpatici aneddoti eravate a conoscenza? Fatecelo sapere nei commenti.