Meitu, l’app per i selfie che spopola in Asia ma che conta centinaia di migliaia di download qui in Italia, trasmette periodicamente dati sensibili del vostro smartphone su server esterni.
Un piccolo ritocchino prima di postare un selfie sui nostri social preferiti è una prassi comune. Magari per eliminare i segni di una notte brava, o qualche imperfezione sulla pelle. Nessuno però penserebbe mai che, per eliminare un brufolo o un neo dal nostro viso, si debba essere costretti a condividere informazioni altamente riservate come IMEI (il codice identificativo unico del vostro smartphone, NdR), posizione e indirizzo MAC del nostro smartphone.
Una tracciatura pressoché completa quella che effettua Meitu, un’app che con apparentemente serve a migliorare i nostri selfie. Bisogna dire che lo fa anche discretamente bene, con una media di 4.5 stelle sul Play Store e ben 10 milioni di download. Solo qui in Italia sono centinaia di migliaia gli utenti che hanno scaricato ed utilizzano questa app.
Il problema è subdolo perché con le modifiche apportate al Play Store non è possibile verificare immediatamente i permessi che l’app richiede per funzionare correttamente. Una volta installata ci verrà chiesto di abilitare i permessi uno ad uno man mano che vengono richiesti dall’app. Sono ben 23 le autorizzazioni che l’app richiede
, che gli consentono di avere una mappatura praticamente completa del nostro smartphone e delle nostre attività.Molti utenti si sono chiesti a cosa servissero così tante autorizzazioni: indagando più a fondo si scopre che il fine è sempre lo stesso di casi analoghi che abbiamo visto nelle ultime settimane. I dati sensibili che ricordiamo, comprendono tra gli altri il codice IMEI, indirizzo MAC e la posizione esatta del nostro dispositivo, oltre che a dati riguardanti ilmodello del nostro smartphone, risoluzione display e tanti altri vengono inviati a multipli server cinesi.
Probabilmente questi dati vengono “confezionati” per essere poi rivenduti. Il consiglio che possiamo darvi è quello di disinstallare l’app e dimenticarvi di essa, prendendo in considerazione app alternative. Ci sono ottime app come Snapseed e Adobe Photoshop Fix che vi consentono di modificare tantissimi aspetti delle vostre foto, sono gratuite e non vi rubano dati.
In America durante le scorse settimane ha fatto scalpore la notizia che una nota marca di smartphone economici, Blu, vendesse terminali affetti da veri e propri malware integrati nel sistema operativo che silenziosamente collezionavano dati, alla stessa stregua di Meitu. La differenza qui è che la vanità ha un prezzo, decisamente alto se teniamo alla nostra privacy.