Elon Musk, insieme ad altri CEO di importanti aziende tecnologiche, abbraccia la crociata della Silicon Valley: l’obbiettivo comune è essere uniti contro le politiche di Trump in materia di immigrazione e net neutrality.
Che ci sarebbero stati cambiamenti repentini da parte del Presidente Americano n.45 se lo aspettavano tutti, complici anche i discorsi dai toni accesi e dalle tinte forti ripetuti fino alla nausea prima della fine della campagna elettorale. Che il neo-Presidente fosse favorevole alle grandi lobby che detengono il potere in America e che avrebbe favoreggiato queste ultime non vi era dubbio. Spingersi però fino a ledere un principio fondamentale americano non era stato previsto da nessuno: Trump va contro gli stessi principi che hanno portato alla formazione degli Stati Uniti d’America.
La scorsa settimana, con un certo scalpore, un ordine esecutivo ha vietato espressamente che cittadini provenienti da 7 paesi a maggioranza islamica potessero mettere piede sul suolo americano. Non solo, tutti i residenti stranieri provvisti di permesso di soggiono H-1B sarebbero stati revocati. Un tipo di permesso particolarmente in uso nella Silicon Valley che consente alle aziende di utilizzare personale altamente specializzato provenienti da paesi stranieri.
Una pratica comune che fin’ora ha solo portato benefici sia in termini economici che umani: se da una parte il costo medio per il personale munito di visto H-1B è infatti inferiore allo standard americano per la stessa categoria, permettendo alle aziende di risparmiare, dall’altra è anche vero che le aziende in cui viene adottato di meno sono proprie quelle con i salari più alti della media, come Facebook e Google.
Google per preparasi al peggio ha istituito un fondo straordinario di 4 milioni di dollari per l’ACLU, l’Unione Americana per le Libertà Civili, per sostenere la causa a favore dei cittadini immigrati. Sundar Pichai, CEO di Alphabet (l’azienda “mamma” di Google, NdR), in una nota aziendale ha espresso rammarico “per un provvedimento che interessa profondamente molti nostri colleghi e amici“.
Anche Facebook e Microsoft attraverso i rispettivi portavoce hanno espresso “disappunto e rammarico” nei confronti di questo provvedimento della nuova amministrazione. Lo staff di Twitter ha dimostrato sostengo alla causa donando all’ACLU un milione di dollari, portando la cifra totale delle donazioni raccolte in una sola settimana a quota 24 milioni.
E’ a questo punto che Elon Musk presenta chiaramente la sua posizione nei confronti del provvedimento. A Dicembre il CEO di Tesla è stato invitato a far parte del Forum Consultivo del Presidente: come dice il nome un semplice organo di consultazione su questioni importanti, perlopiù di natura socio-economica. Dopo il decreto Presidenziale, il CEO di UBER, Trevis Khalanick, ha annunciato di voler abbandonare il Forum. Elon Musk ha fatto sapere di voler continuare a presiedere nell’organo consultivo, spiegando le sue ragioni su Twitter:
Regarding the meeting at the White House: pic.twitter.com/8b1XH4oW6h
— Elon Musk (@elonmusk) February 3, 2017
Con queste parole, egli riafferma il suo obbiettivo di accelerare la transizione verso un mondo in cui le energie sostenibili possono aiutare l’umanità nella creazione di una società multiplanetaria. Un messaggio di speranza e di grande umanità, da vero e proprio leader, in netto contrasto con il pragmatismo e il clientelismo mal celato dell’attuale Presidente, che non ha mai nascosto le sue antipatie o la sua politica volta a favoreggiare le corporazioni, le lobby, l’industria a sfavore dei più deboli.