Google sembra non aver particolarmente gradito l’iniziativa intrapresa dal colosso sud-coreano Samsung circa lo sviluppo autonomo di uno nuovo sistema operativo mobile proprietario. La KFTC (Korean Fair Trade Commission) ha, infatti, avviato un’inchiesta per determinare se la società asiatica sia stata bloccata irregolarmente dal gigante statunitense nello sviluppo di un nuovo OS proprietario.
Il successo di Samsung ed Android sono indissolubilmente legati tra loro. La nota azienda sud-coreana ed il robottino verde sono infaticabili amici ormai dal lontano 2009, anno in cui fu annunciato il primo device con Android 1.5 “Cupcake”: i7500. Giusto per fare un simpatico salto nel passato ricordiamo le caratteristiche tecniche di questo storico terminale:
Dopo aver rivissuto quei magici momenti di quel periodo e riletto le specifiche di questo fantastico dispositivo, ci sembra piuttosto triste narrare la vicenda che segue. Ma purtroppo assolutamente doveroso. Partendo dal presupposto che Samsung ha più volte in passato cercato di sottrarsi alle grinfie dell’OS di Big G, con insuccessi di rilievo con “Tizen OS
” per gli smartwatch e gli accessori per la persona connessi; la ricerca di un nuovo sistema operativo da parte della società asiatica è essenzialmente dovuta alla possibilità di un cambio di politica di mercato da parte di Google stessa. Una sorta di “piano B”, insomma.Più volte negli scorsi mesi vi abbiamo parlato delle pesanti sanzioni imposte nei confronti di Google da parte della commissione europea e da altri enti garanti delle norme in campo concorrenziale. Ma la situazione non sembra essere mutata particolarmente. Per la cronaca, infatti, ricordiamo che Android oggigiorno è diffuso su circa l’80% dei dispositivi presenti sul mercato. Il secondo OS che trova leggermente più spazio è iOS, il quale distanzia a sua volta di molto Windows Phone.
A questi dati di fatto, però, ora si aggiungono anche le accuse del KFTC, l’organo sud-coreano garante della concorrenza e del mercato. Quest’ultimo ha accusato Big G di imporre ai costruttori di dispositivi la pre-installazione di applicativi proprietari attraverso il MADA (Mobile Application Distribution Agreement) ed al tempo stesso di impedire lo sviluppo di nuovi OS basati sugli algoritmi di Google mediante un altro accordo, chiamato AFA (Anti-Fragmentation Agreement).
Non ci resta che attendere per vedere come il colosso statunitense risponderà alle accuse mosse e come evolverà la vicenda. Intanto, restano alla porta anche altri organismi anti-trust, primi tra tutti russi ed europei. Per ulteriori informazioni e novità in merito alla vicenda, continua a seguirci su TecnoAndroid.it!