Era l’estate del 2014. Doveva fare parecchio caldo, negli studi di Ready at Dawn, poiché era precisamente il mese di Agosto. Il team era concentrato su quello che sarebbe stato un prodotto complessivamente buono, una delle icone di questa generazione di console acclamato per sceneggiatura, originalità dell’arsenale di gioco e trasposizione delle dinamiche fisiche: The Order: 1886. Ma non tutti stavano lavorando a quel titolo. Alcuni componenti del team erano impegnati nella realizzazione di quella che era una dimostrazione tecnica della fisica di un gioco, ma in parte forse anche un lavoro di pura passione. Sta di fatto che ciò che venne prodotto, in quei giorni, da due membri di Ready at Dawn, gettò le fondamenta per quello che diventerà il secondo titolo annunciato dalla software house: Deformers.
Protagonisti di questo beat ’em up sono i Formers: sfere gelatinose di color viola, dotate di due occhi, volontà propria e, a quanto pare, parecchie cattive intenzioni unite a modeste doti di combattimento. All’occorrenza, in fase di personalizzazione, i giocatori possono far assumere al Former le sembianze di creature di vario genere: animali di ogni tipo, ma anche mostriciattoli, e, perché no, cibo. Una polpetta coperta di spaghetti, ma anche un cupcake, o una timida pila di pancake.
Le principali macroaree tra cui potremo scegliere una volta avviato Deformers – e dopo un caricamento discretamente lungo – sono tre: Gioco, Bottega ed Opzioni. A loro volta, tre sono le modalità di gioco in cui è possibile cimentarsi: il comune deathmatch, che si divide in un “tutti contro tutti”, e nello scontro fra due team, e la modalità Form Ball.
Lo scopo delle prime due modalità è semplice: mettere fuori gioco gli avversari nell’arena, e le maniere per farlo sono sostanzialmente due. Una è buttarli fuori dall’arena di gioco, uno spazio piuttosto limitato, che in tutti i casi – che si tratti di enormi tendoni o una piattaforma in mezzo ad aride montagne– si configura come uno spazio circondato dal vuoto; la seconda è colpirli fino a privarli completamente della loro salute. A tal fine torneranno utili alcuni bonus presenti nello scenario: Aura, Magnete, Meteora, Esplosione, Rimbalzella, Siluro e altri ancora. Ognuno di questi plus avrà un effetto sul nostro Former, o magari gli garantirà un’arma che, se ben utilizzata, sarà difficile da contrastare per i contendenti: potrebbe essere un’esplosione in grado di spedire un avversario pericolosamente lontano, o un’aura in grado di attirarlo verso un polo energetico mortale. Come se non bastasse, repentini cambiamenti delle leggi fisiche in campo, veri e propri Disastri, potrebbero contribuire a rendere il tutto ancor più complicato, come nel caso degli eventi Inclinazione, Ruota, Gravità e Grumo, un ammasso di materia indefinita che disintegra al tocco. I deathmatch si svolgono in un totale di otto arene: tre con elementi che riproducono un grande parco giochi, tre a tema Grand Canyon e due ambientazioni più rocciose-verdeggianti. A prescindere dalla skin che vorrete assegnare a ognuno dei vostri sei slot, scelta più rilevante sarà quella della classe: Striker, Marksman, Guardian, Speedster o Ranger, a seconda che siate più portati per i colpi ravvicinati o gli attacchi a distanza, un approccio più difensivo, la velocità, o un giusto equilibrio tra queste strategie.
La modalità Form Ball ha tutt’altro intento. Una grande arena rettangolare ospita quella che è a tutti gli effetti di una partita di calcio: due team ed una porta per squadra, all’interno della quale il team sfidante dovrà cercare di lanciare una enorme palla. Per difendere la propria porta, impossessarsi della palla e segnare nella porta avversaria, il giocatore avrà a disposizione pressoché tutti i mezzi trovati nel deathmatch: scagliarsi contro il nemico, afferrarlo per lanciarlo in una certa direzione, ma anche parare i colpi, trasformandoci momentaneamente in un morbido cubo. Questa volta però, spintoni e prese potranno essere utilizzate anche per far muovere la palla. Assente, invece, tutta la serie di potenziamenti per cagionare maggior danno ai contendenti, come pure i Disastri dubiti dall’arena.
Altra possibilità che Deformers offre è la personalizzazione del proprio Former attraverso la Bottega. Qui sarà possibile acquistare numerose skin per la nostra creatura gelatinosa, tutte da ammirare per il loro piacevole stile, ma anche una notevole quantità di accessori: dagli occhiali da sole, alle armi a scopo puramente estetico, ma anche adesivi da usare nei match. Per acquistare tutti gli elementi utili alla personalizzazione occorrerà spendere monete d’argento, valuta accumulabile durante le ore di gioco. Per acquistare nello specifico le skin del personaggio, serve un altro tipo di valuta, ovvero i filamenti di DNA, che si ottengono avanzando di livello, ma anche comprandoli con moneta reale. I filamenti possono essere inoltre scambiati con le suddette monete d’argento. Il primo grande limite di Deformers, purtroppo, si palesa arrivando a questo punto: le modalità e le azioni che possono definire la longevità del titolo, e la motivazione ad accumulare valuta, si esauriscono qui. Si potrebbe segnalare, al più, la modalità per le partite Personalizzate, che consente di preparare match impostando alcuni parametri a piacimento: mappa, tipo di scontro, e la possibilità di inserire dei bot, che però saranno sostanzialmente dei fantocci privi di vita. Il neo della longevità resta anche tenendo presente la possibilità di guadagnare numerosi trofei, sia per la modalità deathmatch – riguardanti il numero e le modalità di uccisione dei nostri avversari, e tanti altri fattori – ma anche per quella Form Ball.
Deformers fa probabilmente dell’elemento grafico il suo fiore all’occhiello. D’altronde, come accennato, il progetto è nato come esercizio di stile di alcuni componenti di Ready at Dawn: l’elemento estetico rende giustizia ai creatori di The Order: 1886, con modelli e scenari puliti e colorati, con una cura di alcuni dettagli che va oltre il semplice cartoon e con uno studio sulle animazioni dei Formers decisamente lodevole. Notevole la fisica di gioco, che si può apprezzare durante la scelta pre-match del Former o durante la personalizzazione: la propria creatura può essere osservata da vicino e rigirata in qualsiasi direzione, dimostrando l’attenzione posta nei giochi di equilibrio dell’oggetto fisico, quando posto in determinate posizioni precarie. Anche l’audio è senza dubbio tra gli elementi più curati, con differenti tracce per i vari scenari, realizzate con una varietà di strumenti a corda.
A livello di comandi, lavoreremo molto di tasti dorsali: i principali sono quello per lo spintone, e quello per la presa, che una volta effettuata richiederà la pressione del precedente pulsante per il lancio del malcapitato; poi un terzo dorsale per parare i colpi, assumendo la forma di un cubo. Tra i tasti frontali, uno per saltare, e un secondo per utilizzare l’eventuale potenziamento raccolto, se in modalità deathmatch. Un peccato per l’assenza della possibilità di modificare la configurazione dei comandi, data anche la posizione non allineata (su pad PS4) dei tasti per afferrare e lanciare.
Nei deatmatch con un maggior numero di avversari e ambientati nelle arene più piccole si avverte un livello di frenesia a tratti esagerato, che richiede tempo per imparare a gestirlo: una strategia ben definita può esser facilmente rovinata da un gran numero di variabili, rischiando di far sfociare la situazione in una partita caotica. Plausibile conseguenza è che il giocatore venga accarezzato dall’idea di ricominciare tutto dall’inizio, complice l’assenza di fattori che possano effettivamente ribaltare le sorti di chi – magari per alcuni errori iniziali – si posiziona immediatamente ai livelli più bassi della classifica della partita, sotto gli occhi di tutti grazie ad un indicatore. Al contrario, un ristretto numero di Formers in arena conferisce un’impressione di tranquillità adeguata per svolgere un match più ragionato, senza comunque dover rinunciare al divertimento. Fortunatamente, limiti numerici per l’avvio di un match non ce ne sono: è sufficiente anche ritrovarsi in due nella stanza di attesa e premere il pulsante di conferma per dare il via alla partita “intima”. Diverso il caso del Form Ball, in cui occorrono almeno due individui per team, ma l’esperienza migliore si ottiene nel momento in cui le due squadre raggiungono il massimo numero di giocatori consentito.
Il comparto multiplayer online, che rappresenta dunque il 100 per cento del gioco stesso, è arricchito dalla possibilità di aggiungere un secondo giocatore in split-screen, sia in cooperativa che non.
Deformers è un prodotto che dà l’impressione di essere arrivato sul mercato semplicemente prima del dovuto. Un pannello delle opzioni molto limitato, che taglia fuori la possibilità di configurare diversamente i comandi, l’assenza di qualsivoglia modalità offline contro l’intelligenza artificiale, e di riflesso un numero di modalità online troppo ristretto rispetto alle reali potenzialità e agli intenti, contribuiscono a svalutare di alcuni punti questo titolo molto particolare.
Non sarà una sfida a suon di rompicapi, quella che i ragazzi di Ready at Dawn vogliono concedere con Deformers, né un qualche tipo di innovazione di gameplay o un nuovo titolo da annoverare nel mondo dell’e-sport. Il loro intento è invece piuttosto chiaro: offrire qualche ora di sano divertimento, una buona manciata di risate e un pretesto per rifarsi gli occhi con immagini brillanti e fluide, facendo picchiare tra loro creature in imbarazzante sovrappeso e dal pessimo umore. Una semplicità di intenti e di meccaniche che nel complesso, nonostante i citati difetti e mancanze, funziona e diverte innegabilmente. Si tratta di un titolo immediato, una piccola perla, che avrebbe però dovuto controbilanciare le sue carenze con un prezzo di lancio più moderato.