In ambito tecnologico da molto tempo si cerca di ideare una memoria che sia molto più resistente, dotata di una miglior resa energetica e che abbia un costo inferiore rispetto a quelle disponibili. Già nel 1971 ci furono le prime proposte che hanno portato alla memoria come la concepiamo adesso.
Un team di ricercatori dell’università Nazionale di Singapore e dell’indiana IACS, in America, a Yale, ha progettato Memristor. In italiano la chiamiamo memristore, è l’unione dei termini: memoria e resistore. Il memristor ha la capacità di “ricordare” uno stato elettronico e in seguito rappresentarlo tramite dei segnali analogici. L’informazione memorizzata viene ricordata anche quando non c’è corrente elettrica. Memristor batte le memorie flash commerciali attuali, poiché la mole di dati che riesce a memorizzare è maggiore.
Memristor è dunque un componente elettrico il cui punto focale è la sua struttura. È un filo molecolare molto sottile che riesce a controllare la corrente elettrica presente in un circuito riuscendo a gestire il livello di carica da cui è attraversato il circuito stesso.
Questa nuova memoria riesce a durare per oltre un trilione di cicli.
Memristor è molto quotata soprattutto nei circuiti neuroformici, dunque per il settore informatico. I circuiti neuroformi simulano il modo in cui è strutturato il cervello dell’essere umano. L’obiettivo di questa tipologia di informatica è riprodurre il più fedelmente possibile il sistema nervoso centrale, quindi le varie strutture neurali dell’uomo. Ciò è possibile mediante circuiti analogici ed elettronici gestiti da Memristor.
Le memorie che ci sono adesso non sono molto resistenti, nonostante si siano raggiunti traguardi importanti in quest’ambito. Ad esempio, ci sono stati tentativi per realizzare questi componenti con materiali inorganici, ma si sono dimostrati molto vulnerabili, cioè poco resistenti, per l’uso commerciale.
I ricercatori hanno ideato Memristor anche per rimediare a queste problematiche. Infatti, il materiale prescelto dal team è il metallo organico complesso. Un suo strato dovrebbe essere in grado di permettere costi inferiori ma resistenza elevata, quindi due vantaggi in un’unica soluzione.
Ovviamente la strada è ancora lunga affinché le Memristors siano progettate con meccanismi di memorizzazione che non siano fallimentari. Bisognerà ad esempio apprendere come è possibile bilanciare le cariche elettriche senza troppo controllo esterno.
Indubbiamente dovranno esserci molte migliorie, non mancano le aspettative per questo progetto; ma allo stesso tempo nemmeno le speranze.