Fast-Pair-google La tecnologia Bluetooth è stata inventata oltre vent’anni fa, nel 1994, come modo per scambiare dati a corte distanze. Pensata dall’azienda svedese Ericssonn, deve il suo nome ad un re danese del 1054, in inglese appunto Harold Bluetooth, che unì sotto il suo regno le tribù danesi, proprio come la tecnologia Bluetooth avrebbe unito i dispositivi mobili permettendo loro di comunicare. Se vi siete mai chiesti cosa rappresenta il logo del Bluetooth, si tratta appunto di un’unione delle due rune che compongono le iniziali del re danese che quasi un millennio fa unificò la Danimarca. Pur limitato dal suo corto raggio, il Bluetooth è stato per anni l’unico modo, al di là di collegare fisicamente i due dispositivi, per scambiare dati e file di qualsiasi tipo, ed è diventato presto standard nel settore della tecnologia mobile.

Essendo però una tecnologia vecchia di oltre vent’anni, pur in continuo aggiornamento, è però segnata da alcune mancanze, che sono sicuramente evidenti a chi utilizza molto dispositivi che si basano su questo tipo di comunicazione: a volte la connettività può risultare lenta, o instabile, e ci si ritrova a scavare fino agli angoli più remoti del menu impostazioni per cercare di capire come mai le cuffie bluetooth che si ha sempre utilizzato oggi proprio non ne vogliono sapere di connettersi. Con l’avvento di reti mobili sempre più veloci e affidabili poi, e una copertura sempre più estesa delle reti wifi, lo scambio di dati risulta sempre più semplice con altri mezzi, invece che attraverso l’uso del Bluetooth: personalmente, non penso di usare il Bluetooth per scambiare file da almeno cinque anni.

Pochi giorni fa, tuttavia, un articolo sul Developers Blog di Google ha annunciato un nuovo protocollo per la connessione Bluetooth, chiamato appunto Fast Pair (“accoppiamento rapido”), annunciandone inoltre la compatibilità fino ad Android 6.0, il che consentirà di beneficiarne anche a chi non ha a disposizione un dispositivo in grado di supportare il nuovo Android 7.0. Il protocollo funziona solo con dispositivi su cui è abilitato, il che per ora si riduce alle cuffie Pixel Buds della Google e Adapt On-Ear della Libratone, ma il numero è destinato a salire presto, man mano che altri fornitori adotteranno la tecnologia nei prossimi mesi.

Facilità d’uso, velocità e sicurezza sono i principi di design che modellano le specifiche del Fast Pair” prosegue il blog post degli sviluppatori, che passa ad analizzare in dettaglio cosa aspetta gli utenti che utilizzeranno la tecnologia:

  1. Dopo essere stato attivato, il sistema utilizza quella che viene chiamata BLE (Bluetooth Low Energy) per scannerizzare l’area in prossimità dello smartphone e scoprire i dispositivi che sono stati accesi e messi in modalità pairing.
  2. Una volta trovati tali dispositivi, lo smartphone invia a Google un pacchetto di dati forniti sia dal dispositivo bluetooth (modello, marca, e così via) sia dallo smartphone (posizione, rete…); i dati vengono elaborati e rispediti allo smartphone.
  3. Sul proprio smartphone, l’utente vede una notifica, che contiene una foto del dispositivo e le sue informazioni, come marca e modello.
  4. Una volta cliccato sulla notifica, lo smartphone passa dalla potenza ridotta del BLE a quella normale per stabilire una connessione con il dispositivo interessato.
  5. Una notifica di successo appare a schermo, eventualmente mostrando il link per il download dell’app associata al dispositivo, qualora ce ne sia una e questa non sia già installata sul dispositivo.

Immaginate” chiude poi il post “di fare tutto questo senza mai più dover armeggiare con le impostazioni del Bluetooth”: il nuovo protocollo promette una esperienza notevolmente più fluida e veloce per l’utente finale e maggiore trasparenza per i produttori dei dispositivi che possono fornire direttamente attraverso il sistema nome, marca e app del proprio dispositivo. Se possedete uno dei dispositivi abilitati elencati sopra, potete già testare il sistema: è live per tutti gli utenti dal 31 ottobre.

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