Verso la fine di Aprile del 2016 era stato annunciato che sulla piattaforma online di Valve si sarebbe potuto usare come metodo di pagamento la criptovaluta Bitcoin. Adesso, dopo più di un anno e mezzo di distanza, la compagnia sembra aver deciso di fare un passo indietro.
Ultimamente sempre più governi e agenzie stanno vietando, o disincentivando, l’uso di questa moneta virtuale. I motivi sono diversi anche se fanno capo al fatto che non è una moneta regolamentata da un organo ufficiale. La motivazione della Valve invece è più di ragione pratica.
Il problema è legato alle commissioni elevate e all’alta volatilità che la contraddistingue. Con un post sul proprio blog, la compagnia, ha spiegato che nell’ultima settimana le spese per ogni transazioni con questo metodo sono arrivate a costare 20 dollari. Per intenderci all’inizio la commissione era di 0,20 dollari. Questo risulta un problema per i consumatori che andranno a spendere più del previsto durante gli acquisti su Steam, soprattutto se nel frattempo il valore della criptovaluta diminuisce.
La volatilità crea un altro problema. Se il valore dovesse risalire, come fa spesso, mentre l’utente cerca di completare la transazione, Steam dovrebbe rimborsare la differenza all’utente in questione. Anche il rimborso comporta una transazione e che a sua volta comporta un’altra commissione, sempre a carico dell’utente. E in tutto questo non è escluso lo scenario in cui, nel momento del rimborso, il prezzo cambi ancora causando altri problemi.
La Valve non sta abbandonando definitivamente questo metodo di pagamento, ma ha detto che vuole aspettare il momento in cui le fluttuazioni di prezzo saranno meno incisive e repentine. Insomma vogliono più stabilità.
La compagnia non ha tutti i torti. Dall’inizio dell’anno il valore è aumentato del 933%. Solo la settimana scorsa è aumentato di 1000 dollari superando i 10.000. Così la nota piattaforma online si è unita a paesi come Cina, Corea del Sud e altri ancora nel guardare con un po’ più di diffidenza la criptovaluta.