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Uber: ha pagato 100.000 dollari agli hacker per nascondere un attacco informatico

Uber è un’azienda che, almeno dal 2010, ha fatto molto parlare di sé. Nata a san Francisco nel 2009 ha costituito una rivoluzione nel mondo dei trasporti globale, infatti è uscita ben presto dall’America, per arrivare praticamente ovunque, Italia compresa e che ha scatenato non poche controversie che in diverse parti del mondo hanno portato a limitarne l’uso o addirittura a sospenderlo.

La diatriba più grande è stata aperta dai tassisti di moltissime città, che si lamentavano di dover competere con un servizio che toglieva loro lavoro, senza però che venissero pagare le dovute tasse su di esso, altri problemi sono nati dal controllo forse non troppo scrupoloso da parte di Uber delle patenti di persone che diventavano autisti e che commettendo reati, dai meno ai più gravi, mettevano in difficoltà l’azienda che anche per questo motivo si è trovata più volte citata in un processo.

Questa volta però i tassisti non c’entrano, non c’entrano nemmeno gli autisti Uber né i loro clienti e i fatti non si sono svolti su una trafficata strada cittadina ma online e i protagonisti sono due abili hacker e il fallace sistema di sicurezza informatica dell’azienda.

Uber, messi a rischio migliaia di account

La notizia non era mai stata riportata, ma il fatto risale a ormai un anno fa. Un attacco di due hacker ha messo in grave difficoltà il sistema di protezione dei dati dell’ormai famosa azienda che fornisce trasporto attraverso un’App. Oggi Uber,

che finora aveva taciuto il fatto, conferma l’accaduto e pare che abbia dovuto pagare 100.000 dollari per placare l’attacco dei due pirati informatici e soprattutto perché non venisse diffusa la notizia.

I due, indisturbati, sono riusciti ad accedere ad un account Amazon Web Services che conteneva un archivio di informazioni su utenti e conducenti di Uber, questo data base conteneva numeri di telefono e indirizzi e-mail degli utenti, ma anche i dati delle patenti dei conducenti. I dati relativi alle carte di credito, conti bancari e social security non sarebbero invece stati oggetto dell’attacco, che ha dimostrato una falla nel sistema di sicurezza e che è costato il posto all’allora responsabile della sicurezza dell’azienda, Joe Sullivan e ad altri membri del suo team.

L’azienda comunque non conferma la notizia secondo la quale avrebbe profumatamente pagato i due “ladri” e non rilascia dichiarazioni sul motivo per il quale non è stata subito avvisata la polizia.

Oggi Dara Khosrowshahi, nuovo CEO di Uber da agosto, assicura che i sistemi di sicurezza sono in continuo miglioramento e che nuove misure per garantire l’assoluta segretezza dei dati degli utenti sono messi in atto ogni giorno in un mondo, che è quello di internet, che è sempre più spesso una rete che attira ma riesce anche a frodare gli utenti, anche quelli più illustri come le aziende da miliardi di dollari che vantano complessi sistemi di sicurezza per gestire i dati di milioni di utenti.

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Pubblicato da
D'Orazi Dario
Tags: Uber