Nell’ultimo trentennio ci sono stati mutamenti rilevanti nella realtà dei sistemi di pagamento, e con il progressivo diffondersi del commercio elettronico si è assistito anche all’affermarsi di disparate modalità di pagamento in grado di soddisfare la necessità di effettuare transazioni a distanza, e dunque virtuali. E’ proprio per tale motivo che si sente spesso parlare di e-money, la moneta digitale il cui valore viene immagazzinato elettronicamente o magneticamente, emessa per effettuare pagamenti virtuali senza il passaggio fisico di denaro. Tra le diverse tipologie di moneta elettronica, spicca in particolar modo il bitcoin, il cui valore oggi è 9.703,5886 €, con una fornitura circolante di 16,8 Milioni monete e un volume totale di scambi di 6.445.572.198 €. Ma cos’è il bitcoin e come funziona la tassazione della valuta in Italia?
Occorre anzitutto distinguere tra bitcoin e Bitcoin (con la B maiuscola), perché a seconda che si scriva con la B maiuscola o minuscola, tale termine indica due cose diverse tra loro seppur interdipendenti. Il bitcoin è una moneta elettronica creata nel 2009 da Satoshi Nakamoto, pseudonimo di cui si è avvalso l’inventore la cui identità resta ancora anonima. Si tratta di una criptovaluta in quanto l’implementazione della valuta si basa sui principi della crittografia, sia per effettuare le transazioni, sia per generare la valuta stessa.
La sua gestione è, infatti, interamente digitalizzata: ciò significa che a produrre e ad immettere bitcoin sul mercato non è una banca, ma è con la crittografia che tale moneta viene generata. Con il termine Bitcoin si intende, invece, designare la rete attraverso cui si realizza il possesso ed il trasferimento anonimo della moneta, la cui gestione avviene per mezzo di un portafoglio virtuale al quale si accede inserendo i propri dati. Dopo aver chiarito, sinteticamente, in cosa consiste il bitcoin, sembra opportuno analizzare la modalità di tassazione
della moneta, così come previsto dall’Agenzia delle Entrate, facendo riferimento all’interpello sul trattamento fiscale applicabile alle società che svolgono attività di servizi relativi a monete virtuali.Anzitutto, occorre dire che, per l’Agenzia delle Entrate non esiste ancora una normativa che disciplini con esattezza l’ambito delle criptovalute, e dunque dei Bitcoin. Ciò dovrebbe comunque farci capire che almeno in Italia il quadro normativo in materia sia poco chiaro e definito, con ancora molti interrogativi da risolvere. In merito al bitcoin, l’Agenzia delle Entrate dichiara che, come abbiamo potuto vedere in precedenza, sono due gli aspetti che lo caratterizzano: anzitutto, la sua natura digitale, essendo immagazzinato e utilizzato su dispositivi elettronici quali, in primis, gli smartphone.
All’interno dei dispositivi elettronici, il bitcoin sarà disponibile nel cosiddetto portafoglio elettronico (o wallet): questo strumento permette al titolare del portafoglio elettronico – in possesso dei personalissimi dati di autenticazione – di gestire e trasferire la valuta disponibile in piena libertà e senza alcuna interferenza in qualsiasi momento. In secondo luogo, i bitcoin vengono emessi e generati grazie a dei codici crittografici ed a sofisticati calcoli algoritmici. Questo procedimento è definito di mining, ossia di estrazione. Venendo al tema della tassazione, occorre anzitutto tener presente che si procede con la tassazione ove sia stata registrata la plusvalenza dello strumento, e quindi quando questo viene ceduto ad un prezzo superiore rispetto al prezzo di acquisto.
L’Agenzia delle Entrate dichiara che, almeno per quanto riguarda persone fisiche che non siano titolari di partita IVA, e che quindi non detengano il possesso di bitcoin all’intero delle imprese, non sarà possibile procedere con la tassazione poiché mancano le finalità speculative. La normativa, come si è visto, non risulta essere sufficientemente chiara ed ha posto non pochi dubbi, per cui ancora si aspetta una ridefinizione dell’intero settore.