Si sente sempre più spesso parlare di operazioni della Guardia di Finanza o della Polizia Postale volte a sgominare quelle che sono vere e proprio centrali di trasmissione illegale di eventi sportivi e non.
Infatti la rete delle IPTV è grandissima, ma non solo: con le più recenti di queste è possibile visualizzare, a seguito del pagamento di un piccolo abbonamento mensile, una quantità spropositata di canali, di trasmittenti nazionali ed internazionali a un costo bassissimo che nella maggior parte dei casi si aggira intorno alla decina di euro per ogni mese. La differenza di costo con gli abbonamenti standard è dovuta, non solo alla natura illecita dei siti, ma anche alla minore qualità audio-video delle trasmissioni che devono necessariamente essere criptate tramite segnali MPEG4
Questo ci fa capire il motivo per cui nonostante la strenua opposizione posta in essere dalle attività delle forze dell’ordine, questi fenomeni siano in crescita costante. Uno dei più famosi siti di questo tipo, anche se ne rappresentava una forma monotematica (sportiva nella fattispecie) e primitiva era Rojadirecta. Il sito è stato in piedi dal 2005 fino all’ottobre 2016, data nella quale il suo fondatore, Igor Seoane, è stato arrestato a La Coruña nel corso di un processo in cui aveva il ruolo di testimone. In realtà il sito è sopravvissuto in forma di ectoplasma digitale grazie ai vari mirror sparsi nella rete.
IPTV, si rischiano multe molto salate per vedere Sky e Mediaset Premium
Attualmente la situazione si è fatta più complessa poiché oltre alla trasmissione dei canali delle PayTv (in Italia soprattutto Sky e Mediaset Premium) è stata inserita la possibilità di accedere anche ai contenuti di Netflix, cosa che ha ulteriormente ampliato la sfera di pubblico interessata alla possibilità di abbonarsi a questo servizio. E non ci sarebbe da biasimarli. Però resta da chiedersi se i consumatori che decidono di accedere a questi servizi siano consci del fatto che quello da loro compiuto è un atto illegale di rilevanza penale. Ebbene sì, se fino a settembre del 2017 la sanzione era di tipo amministrativo e prevedeva una multa relativamente bassa di 154€ adesso le cose sono cambiate.
In particolare è stata la Corte di Cassazione con la sentenza 46443/2017 a sancire quale fosse la sanzione adeguata in caso di violazione della legge. La suddetta sentenza è stata pronunciata nei confronti di un uomo palermitano di 52 anni che aveva utilizzato una smart card non originale per guardare i contenuti delle PayTv ad un costo ridotto rispetto al normale. Questa condanna rimane una pietra miliare della giurisprudenza in questo ambito e ha il merito di stabilire che in caso di violazione del copyright è anche l’utente finale che risponde alla legge tramite una multa che va da 2.582€ a 25.822€ e tramite una pena detentiva che va dai 6 mesi ai 3 anni.
L’ottica estremamente punitiva che viene utilizzata attualmente nei confronti di questo fenomeno proviene da una storia che ha visto le PayTv combattere strenuamente contro il dilagare di questi siti che danneggiano pesantemente le società da un punto di vista finanziario e che dal punto di vista economico costituiscono un’imperfezione di mercato, visto che sono palesemente soggetti che operano, non solo illegalmente, ma anche in regime di concorrenza sleale.