Le criptovalute sono un metodo alternativo al vecchio scambio di monetario da effettuare presso le banche, di esse infatti non rimane traccia al contrario di assegni, prelievi, spostamenti, versamenti… i dati infatti vengono salvati su un portafoglio virtuale al quale è possibile accedere solo tramite delle credenziali conosciute (si spera) solo dal proprietario del conto virtuale.
Nella tecnologia delle criptovalute inoltre non vi è una gerarchia tra gli utenti, si tratta infatti di un collegamento peer-to-peer ovvero che avviene tra utenti (nodi della rete) allo stesso livello, tra pari. La criptovaluta evita quindi la tirannia da parte di qualche utente, nessuno può diventare più potente dell’altro tanto da impossessarsi dell’intera rete monetaria.
L’unico problema di questo nuovo metodo economico è la tracciabilità, non rimane infatti traccia dei movimenti che avvengono all’interno della rete monetaria, quindi ognuno deve agire secondo coscienza e poiché non tutte le coscienze umane sono uguali né “buone”, possono essere commessi anche degli atti criminali, illegali e immorali dietro un computer o qualunque dispositivo con accesso a internet e non venire rintracciato perché infatti l’indirizzo di collegamento di protocollo internet relativo al device in uso viene spezzettato tra tanti serve ed quindi impossibile la sua ricostruzione. Ingegneri e altri esperti col tempo stanno cercando di trovare una soluzione a questa piccola falla senza compromettere le regole del mercato.
Col tempo tali monete hanno iniziato anche a entrare a far parte della borsa, sempre più persone si interessano del fenomeno e vogliono acquistare dei bitcoin, litecoin, ethereum… e quasi ogni anno ne nasce una nuova. L’ultima arrivata nel mercato è a giugno 2016, si tratta dello Swisscoin, una moneta prevalentemente di origine svizzera e con un potere di acquisto molto elevato, bastano infatti pochi centesimi di euro per possederne uno solo. Ovviamente la creazione di una nuova moneta comporta la decadenza e perdita di potere di acquisto delle altre.
Negli ultimi giorni di gennaio c’è stato un calo monetario in tutto il mercato, sia di valute reali sia di valute virtuali ma tra queste ultime quella che pare abbia resistito meglio sia proprio Ethereum, soprattutto per quanto riguarda la conversione tra questo e il dollaro.
Oltre Bitcoin e Ethereum ne troviamo un’altra molto influente ultimamente: Ripple, fondato nel 2012 come un protocollo internet open source distribuito, una base di dati pubblica e condivisa di una serie di transazioni usando un processo consenziente in un processo distribuito. Al momento della sua creazione era stata pensata una frammentazione in 100 parti in modo da poterla amministrare meglio e ogni parte dedicata a una precisa funzione nel mercato, tutt’oggi però le parti sono diventate 6.
Spicca per essere una tecnologia che consente alle banche di inviare in tempo reale dei pagamenti attraverso una rete finanziaria, si possono effettuare quindi pagamenti veloci, a basso costo e on-demand per ogni quantità, ottenendo nuovi clienti e aumentando i propri profitti, tra gli utilizzatori troviamo note banche come MIT, UBS, Santander e UniCredit ma in tutto il mondo ce ne sono all’incirca 30.
Dal punto di vista prettamente economico Ethereum rimane quindi la più forte, quella che ha dei ribassi minori, il cui movimento può essere ben espresso attraverso delle piccole oscillazioni, ma quale criptovaluta comprare? Di certo dipende dall’uso che ne vogliamo fare e da quanta esperienza abbiamo nel mercato finanziario.