Questo martedì Spotify è diventata pubblica. Un’azione che era alle porte da tempo. Quando la società aveva deciso di colpire alcuni utilizzatori del servizio, quelli che lo usavano gratuitamente, ma senza sorbirsi la pubblicità, l’avevano fatto per rendere questo passo ancora più credibile. In ogni caso, il debutto è stato un successo per la società stessa e anche per altre società del settore, tra cui Sony Corp.
Sony è una multinazionale e ha le mani in pasta anche nel settore della musica. Si tratta della seconda più grande etichetta discografica al mondo. I giapponesi possedevano in parte Spotify, per essere precisi il 5,7%. L’ho detto al passato in quanto, successivamente all’entrata pubblica, hano deciso di vendere parte delle loro partecipazioni. Risultato? Hanno guadagnato più di un miliardo di dollari rinunciando “solo” al 17%
di quel 5,7 iniziale. La società nipponica era infatti la quinta più grande società dietro Spotify, la più grande del settore musicale.Visto il successo dell’operazione, molti artisti si sono lamentati e hanno criticato il servizio di streaming per non aver condiviso abbastanza dei proventi. A ragione, visto che il prodotto alla fine esiste grazie a loro, o a torto le loro richieste sono state comunque accettate. Sony, e la sussidiaria Orchard, hanno dichiarato che provvederanno Queste le parole: “Sony Music e Orchard si impegnano a condividere con i loro artisti e le etichette distribuite qualsiasi guadagno netto che potrebbero realizzare da una vendita della partecipazione azionaria di Sony Music in Spotify. Questo è coerente con la nostra politica precedentemente annunciata.”