Le fake news non sono qualcosa di nuovo. “Intossicazione informativa” e manipolazione ci sono sempre state ma le notizie false sono un prodotto diverso. Sono una bugia concepita come una verità da consumare attraverso i canali di informazioni pubblici troppo saturi, che cercano solo di sostenere le opinioni, rimangono nella zona di comfort dei loro pregiudizi. E per questo motivo, il giornalismo rigoroso è l’unico antidoto contro le fake news in questione.
E di questo, le piattaforme di ricerca e i social network, ne sono portabandiera. La colpa della falsa notizia e della sua viralità non è solo delle piattaforme di distribuzione, è dell’intera società, dell’ecosistema. Ecco perché sempre più urgente una collaborazione tra i media tradizionali e nuovi, più digitali.
Su Facebook, ad esempio, si prende molto seriamente la disinformazione. Molte delle notizie false sono politiche perché è ciò che diventa più virale. Ma l’obiettivo è economico, poichè cerca di trarre profitto dai clic
. E la soluzione raggiunta è quella attraverso i cambiamenti dell’algoritmo che mostra le notizie richieste dall’utente. Oltre al fatto che il social di Mark Zuckerberg ha chiuso 30.000 account falsi con notizie che cercano di confondere l’opinione pubblica.Inoltre, il social network ha già programmi di verifica dei dati in cinque paesi europei ed ha in programma di estenderli ad altri Paesi, identificando organizzazioni di verifica dei dati e cooperando. In pratica, si sono abilitati strumenti di verifica dati per pubblicare informazioni correlate, in modo che le persone possano vedere ciò che è vero e ciò che non lo è.
Da parte di Google, il progetto Trust è stato lanciato in modo che le notizie false non vengano pubblicate nelle ricerche. Tuttavia, si presume che la verità non sia binaria, non è bianca o nera e per stabilire la fiducia in un contenuto, dipendiamo da una serie di indicatori di ciò che è affidabile e di ciò che non lo è.