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OnePlus sta rilevando dei problemi con il proprio sistema di ricarica rapida

OnePlus ha qualche problema di natura burocratica

Sono passati pochissimi giorni da quando OnePlus ha rilasciato il nuovo smartphone, l’OP 6. Se ha qualcuno ha visto da vicino, letteralmente o metaforicamente parlando, avrà notato la mancata menzione di un particolare. Mi riferisco al sistema di ricarica rapida Dash Charge, un vanto della compagnia da quando è stato introdotto con l’OP 3.

Tale sistema permette la ricarica di parte della batteria in poco tempo, il 60% in 35 minuti mentre per il restante 40% ce ne vogliono altri 45. Si basa sul VOOC di un’altra società cinese, ovvero OPPO, che a differenza degli altri sistemi del genere, aumenta la corrente invece che la tensione. In ogni caso, se andate sul negozio online di OnePlus, potreste notare che tutte le menzioni a tale tecnologia sono stati cambiati in Fast Charge.

 

Problemi di trademark

OnePlus afferma di aver depositato un marchio per il nome Dash Charge negli Stati Uniti e in Europa nel 2016. Nel marzo appena passato però, la commissione europea che si occupa di queste faccende ha respinto il tutto altre due società lo hanno contestato. Una è Bragi

, una società di audio wireless che vende auricolari con tecnologia Bluetooth sotto il nome di Dash Pro.

Il secondo nome è di sicuro più noto, per usare un eufemismo, si tratta di Amazon. Il colosso detiene il marchio di un sistema chiamato Dash Replacement Service. Consente ai dispositivi connessi di ordinare merci dalla compagnia quando i rifornimenti sono in esaurimento. Entrambe queste società si sono opposte semplicemente per evitare problemi di confusione ne consumatori.

Sembra che OnePlus preferisca passare piuttosto che combattere. Sembra che la società stia eliminando gradualmente l’uso del nome di Dash Charge anche se nulla è cambiato per quanto riguarda la tecnologia. Certo, se queste due compagnie pensano che una parola in comune basti per confondere gli utenti, vuol dire che hanno un opinione bassa dei consumatori, e se l’Unione Europea gli ha dato ragione, potrebbe pensarla nello stesso modo.

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Pubblicato da
Giacomo Ampollini