Nel corso degli ultimi 10 anni si è visto un rapidissimo sviluppo degli standard nell’ambito delle telecomunicazioni, con l’avvento prima della rete UMTS/3G, poi di quella 4G LTE, caratterizzate da una maggior velocità grazie a una banda maggiore, l’essere più stabili e performanti.
Da alcuni anni è in corso già la sperimentazione dello standard successivo, quello 5G, caratterizzato da un certo numero di innovazioni. Le reti di quinta generazione infatti si baseranno su tecnologie di virtualizzazione che permetteranno di disporre di un sottoinsieme delle risorse di rete ad uno specifico servizio. Una delle differenze tra il nuovo standard 5G e i precedenti è che non usufruirà di una specifica banda, ma dovrà supportare la connettività sull’intero spettro delle frequenze.
Le bande sotto il GHz consentono ampie coperture di territorio e non risentono della presenza di ostacoli lungo il percorso o di condizioni meteorologiche avverse, inoltre sono le uniche a garantire una soddisfacente copertura all’interno degli edifici, e per questo sono considerate maggiormente pregiate e costose, poiché adatte sia alle zone urbane che a quelle rurali, tuttavia presentano porzioni di spettro libero ridotto.
All’aumentare della frequenza invece la copertura da parte della rete diminuisce, sono meno dispendiose per gli operatori, e risultano molto presenti in ambienti urbani, grazie alla possibilità di essere aggregate insieme alle frequenze più basse sono inoltre caratterizzate da minori problematiche per quanto riguarda le interferenze e si ha a disposizione una banda più larga.
Lo standard 5G, oltre alla novità sopra detta, presenterà anche tempi di latenza inferiori a 1ms, un’affidabilità pari quasi al 100% e un’alta densità di connettività (fino a un milioni di dispositivi connessi in 1km2). Per il lancio della rete 5G a livello nazionale, previsto per la fine del 2019 e inizio 2020, bisogna cominciare ad assegnare le varie bande di frequenza agli operatori di telefonia mobile, e qui è intervenuta l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) che ha definito delle linee guida per questa assegnazione. Ciò dovrebbe permettere una massima copertura e un accesso completo allo standard 5G a tutta la popolazione e inoltre dovrà assicurare benefici socio-economici a lungo termine, per esempio aumentando gli investimenti (già alti) nel campo della telefonia mobile, come l’entrata in gioco di nuovi operatori, oltre a quelli storici, come il francese Iliad che si ritiene lancerà la sua prima offerta in territorio italiano entro il primo semestre 2018.
Bisogna considerare poi, che in base a una prassi abituale, nonostante il rinnovo dei diritti d’uso delle frequenze sia previsto per una sola volta e per un periodo massimo di 15 anni, è necessario tenere presente che alcuni operatori oggi possono usare frequenze su cui hanno un diritto d’uso anche di 35 anni (per esempio gli operatori TIM, Vodafone e Wind Tre hanno i diritti sulla banda di 900 Mhz fino al 2029). È evidente quindi che questa assegnazione di nuove frequenze è una ghiotta opportunità per tutti. Le suddette frequenze che saranno messe all’asta banda saranno 694-790 MHz e quelle nello spettro pioniere 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz (per pioniere si intende mai usate finora).
Bisogna tenere presente che attualmente in Italia, la banda dei 700 Mhz è usata per trasmissioni televisive, è evidente quindi che seguirà una riorganizzazione dell’intero spettro televisivo. L’ AGCM ha stabilito che per questa banda valuta disposizione di sei blocchi FDD da 2×5 MHz, per un totale di 60 MHz di spettro e limita a ciascun operatore la possibilità ci acquistare solo 3 blocchi della suddetta banda. Per la banda 3,6 – 3,8 GHz probabilmente si sceglierà di suddividerla in quattro blocchi da 50 MHz o in tre blocchi da 80 MHz e un blocco da 40 MHz. Infine, in banda 26 GHz è ipotizzato un blocco di 400 MHz per assegnatario.
L’assegnazione delle bande nella frequenza dei Ghz è prevista entro il 31 Dicembre 2018 e potranno già essere utilizzate dagli operatori, mentre per la banda dei 700 Mhz si dovrà attendere al 2020, anno in cui si presume sarà completata la transizione da parte delle emittenti televisivi alla nuova versione del digitale terrestre, anno in cui quindi quella banda sarà stata liberata. Intanto, gli operatori possono utilizzare quelle da 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz per progetti più locali e mirati, dato che queste frequenze sono molto efficienti, ma su porzioni limitate di spazio. Tutte queste linee guida sono contenute nella disposizione dell’AGCM “Consultazione pubblica sulle procedure per l’assegnazione e le regole per l’utilizzo delle frequenze disponibili nelle bande 694-790 MHz, 3600-3800 MHz e 26.5-27.5 GHz per sistemi terrestri di comunicazioni elettroniche al fine di favorire la transizione verso la tecnologia 5G, ai sensi della legge 27 dicembre 2017, n. 205”.