Una nuova società nel settore delle telecomunicazioni si impone prepotentemente sul mercato, mettendo a dura prova la concorrenza e i gestori la fanno da padrone. Vi sembra la storia di Iliad? L’incipit è in realtà comune a due diverse circostanze, e distanti tra loro nemmeno un paio di decadi. Bisogna infatti risalire al lontano (tecnologicamente parlando) 2000, quando Blu, una società neofita nel campo della telefonia mobile fondata appena l’anno prima, si affaccia nel mercato e propone un’offerta tanto vantaggiosa da far letteralmente impallidire i propri competitors.
Una pubblicità futuristica, una proposta che faceva gola al malcontento degli utenti e la promessa di novità senza precedenti (vedi Memory, la prima virtual personal assistant, considerabile la nonna della cara Siri). Una miscela esplosiva che, non appena lanciata alla fruizione dei singoli, si rivelò in breve tempo un successo inaspettato.
Basti pensare che i servizi vennero resi attivi nel maggio del 2000, e già nel settembre dello stesso anno 430.000 nuovi clienti avevano sottoscritto l’offerta. Certo, la fetta di mercato conquistato da Blu era relativamente piccola, il 4% del totale. Ma anche se la crescita, dopo il primo periodo, appariva più lenta, la società che aveva alla base una partnership di Società Autostrade, British Telecom, Benetton (attraverso il gruppo Edizione Holding) e Mediaset, aveva puntato tutto sulla nuova tecnologia in arrivo: l’UMTS, ossia il 3G come lo conosciamo oggi.
Peccato che però, al momento dell’asta per aggiudicare a 5 società – su 6 partecipanti – le frequenze del servizio UMTS, Blu ritira la sua candidatura, consentendo così alle altre 5 in lizza di spartirsi, quasi a prezzo di partenza, il futuro della telefonia mobile.
A posteriori, si scoprì che Benetton non era più intenzionata a partecipare all’asta e aveva ritirato la propria fetta di quota dall’offerta, mettendo in ginocchio Blu e costringendola alla resa. Ormai fuori dai giochi, in poco tempo Blu perse moltissimi utenti e buona parte delle quote azionarie: l’azienda venne smembrata e ceduta ad altre società.
Questo triste epilogo dovrebbe far riflettere quindi anche sul futuro di Iliad che, come Blu, ha aperto col botto e ora invece potrebbe rischiare “l’estinzione”? In realtà questo parallelismo, confezionato da Vittorio Colao, non è del tutto fondato.
Analogie e differenze
In primis, Iliad non è certo una neofita delle telecomunicazioni: ha alle sue spalle una lunga esperienza francese (iniziata nel 1990), prima di entrare in Italia e competere con le aziende qui presenti. Inoltre ha alla base una solida gestione dell’imprenditore Xavier Niel, che detiene il 52,43% del capitale e non pare intenzionato a creare una partnership come quella alla base di Blu. La crescita iniziale è stata ancora più schiacciante di quanto si potesse immaginare, questo è un punto in comune, come comune è l’intento di puntare tutto sull’ultima tecnologia (per Iliad il 5G), ma l’azienda di Niel non sembra portata a fare passi più lunghi della propria gamba.
Perciò ci si augura che, con tali premesse, il destino di Iliad sia ben diverso.