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Radiazioni smartphone: Xiaomi, Huawei e OnePlus tra i più pericolosi, Samsung si salva

Le radiazioni emesse dagli smartphone non sono fantascienza: esistono e sono reali. Alcuni modelli di alcune marche riescono a produrne di più di altri, ma sono dannosi come si dice? Nei confronti di Xiaomi, Huawei e OnePlus è nata una vera inchiesta con tanto di forca nell’ultimo periodo, ecco il perchè.

Telefoni potenzialmente dannosi: le radiazioni riscaldano i tessuti

Le onde a radiofrequenza non ionizzate hanno un potere diverso dai raggi X e Gamma: possono riscaldare i tessuti. Sebbene questa sia una realtà scientifica, bisogna tenere in considerazione che i telefoni, per essere immessi sul mercato, devono comunque essere sicuri per l’uomo e rispettare dei parametri. Proprio per questo motivo appena enunciato è inutile accanirsi contro marche come Xiaomi, Huawei e OnePlus sebbene occupino dei posti molto alti in classifica. D’altronde i loro valori SAR sono tutti al di sotto del parametro Europeo di 2 watt per chilogrammo.

In aggiunta a quanto detto fin’ora, inoltre, bisogna anche vedere che uso fa l’utente del proprio smartphone; certamente un terminale Samsung

presenta un tasso di assorbimento specifico minore, ma se il suo padrone è abituato a stare in chiamata frequentemente e ad utilizzare internet a tutte le ore, i “danni che subirà” saranno maggiori senza ombra di dubbio.

Per trasparenza, vi esponiamo la famosa classifica degli smartphone incriminati. Vi ricordiamo che al fine di tutelare la propria salute basta usare lo smartphone con accortezza e utilizzare delle cuffie durante le chiamate.

iPhone 7 Plus: 1,24 watt
Blackberry DTEK60:  1,28 watt
ZTE Axon 7 Mini:  1,29 watt
iPhone 8:  1,32 watt
Sony Xperia XZ1 Compact:  1.36 watt
iPhone 7:  1.38 watt
Huawei P9 Lite: 1,38 watt
OnePlus 5: 1,39 watt
Huawei Nova Plus:  1.41 watt
Huawei P9:  1,43 watt
GX8 Huawei :  1,44 watt
Huawei P9 Plus: 1,48 watt
Nokia Lumia 630: 1,51 watt
Huawei Mate 9:  1.64 watt
OnePlus 5T: 1,68 watt
Xiaomi Mi A1:   1,75 watt

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Pubblicato da
Paola Carioti