Al giorno d’oggi, ogni consumatore possiede almeno uno smartphone, se non due, che utilizza in maniera assidua durante il giorno senza preoccuparsi di quale tipo di tecnologia tiene a sé stretto e se questo device può rilasciare radiazioni nocive.
Ormai il tema delle emissioni elettromagnetiche e termiche degli smartphone è diventato d’attualità. Un fatto portato in evidenza dalle stesse agenzie internazionali che studiano e producono report sullo stato della telefonia consumer.
Per misurare il carattere cancerogeno di un device si utilizza Il valore SAR (acronimo di Specific Absorption Rate), il quale indica la percentuale di energia elettromagnetica assorbita dal corpo umano in un determinato arco temporale.
Radiazioni smartphone: gli smartphone ancora incriminati all’alba del 2019
Nonostante sia il dispositivo mobile che rilascia maggiori emissioni con un 1.75 SAR, lo Xiaomi Mi A1 è ancora ampiamente commercializzato nel mondo. In seconda posizione tra i cattivi troviamo OnePlus 5T con un valore di 1,68 e, infine, Huawei Mate 9 con 1,64. Sebbene questi modelli siano già datati, non sono ceto stati ritirati dal mercato né le case produttrici hanno applicato dei correttivi software per limitare le radiazioni emesse.
L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’OMS (IARC) ha classificato come cancerogeni i campi elettromagnetici nella telefonia mobile. Sebbene sia acclarato che l’uso intensivo di uno smartphone possa provocare il cancro, grazie alle ricerche sperimentali fatte sui ratti in Italia e USA, fino ad oggi la nocività delle onde elettromagnetiche a cui siamo sottoposti ogni giorno non è stata valutata un fattore di rischio per il corpo umano tale da obbligare l’OMS a intervenire.