Da quando gli smartphone sono diventati elemento imprescindibile nella vita di tutti i giorni, si è posto il problema della loro validità in processi penali. Tenendo conto, infatti, che un miliardo e mezzo di utenti sono attivi mensilmente sulla piattaforma, è impossibile ignorare quanta parte della vita si svolga attraverso queste chat. E ora ne viene riconosciuto il valore giuridico.
Con la sentenza n. 49016 del 2017, la Corte di Cassazione ha decretato la possibilità, per le chat di WhatsApp, di costituire a tutti gli effetti una prova documentale. Come definito dall’articolo 234 del Codice di Procedura Penale, esse fungono da mezzo di memorizzazione di fatti storici, alla stregua delle prove di natura fotografica, fonografica e cinematografica.
La loro raccolta, però, dovrà seguire precise modalità. Il tutto è volto ad evitare qualsiasi tipo di manomissione e quindi compromissione della prova.
Una prima modalità, che sembrerebbe quasi scontata, è l’acquisizione del telefono al cui interno sono presenti le chat-testimonianza. Questo passaggio è possibile a seguito di specifiche autorizzazioni
ottenute dal tribunale. Ciò è necessario, in quanto il materiale contenuto all’interno della chat sarebbe pressoché inutilizzabile se non si presentasse anche il supporto materiale da cui esse provengono.Una seconda modalità, decisamente meno “forte” e più contestabile della prima, può avvenire attraverso l’acquisizione di screenshot. Il problema è che, con i mezzi odierni, falsificare uno screenshot sarebbe alquanto semplice, e pertanto potrebbe non essere ritenuta una prova sufficientemente esaustiva.
Vi è inoltre la possibilità di far leggere la chat ad una persona terza, che poi fungerà da teste nell’esporre il preciso contenuto della conversazione al giudice, sotto giuramento. In questo modo, la prova sarebbe costituita dalla sua testimonianza.
Infine, esiste la procedura di trascrizione delle conversazioni, che sono poi inserite in un documento ufficiale e vanno a costituire definitivamente una prova giuridica. Naturalmente la controparte potrebbe richiedere che vengano effettuati controlli sulla conformità tra l’originale e la trascrizione. Questo passaggio è eseguito da un tecnico, che poi comunica l’eventuale responso e conferma o smentisce la bontà della prova in esame.