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Smartphone: fa male tenerlo in tasca? La risposta dell’esperto all’annosa domanda

Gli smartphone ormai sono parte integrante della nostra vita. C’è chi non riuscirebbe più a vivere senza, chi ne fa un uso moderato ma comunque necessario, e ancora chi li utilizza per lavoro, per studio, per restare in contatto con i propri cari. A maggior ragione, poi, con l’imminente avvento della tecnologia 5G.

La versatilità dei dispositivi di nuova generazione consente loro di adattarsi a molteplici esigenze, anche non strettamente legate a quelle che un tempo erano riconosciute come funzionalità di base di un telefono. Questo porta gli utenti a farne un uso sempre più intensivo, tanto da rischiare di mettere in pericolo la propria salute. Ma le cose stanno proprio così?

Se ci si rifacesse ad un paio di sentenze emanate negli ultimi anni, in particolare nel 2012 e nel 2015, si potrebbe pensare che effettivamente l’eccessivo utilizzo dello smartphone, come supposto dai giudici, possa provocare danni fisici ingenti.

In realtà, la questione è più complessa di quanto non possa apparire da questa premessa, ed è stata spiegata magistralmente da Alessandro Polichetti, primo ricercatore del Centro Nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell’Istituto Superiore di Sanità.

Le numerose ricerche e i loro risultati

Nonostante vi siano almeno tre decenni di letteratura scientifica riguardo ai campi magnetici dei telefoni cellulari, e quindi degli smartphone oggi, nessuna ricerca comprova definitivamente la correlazione

tra l’insorgenza di disturbi e di malattie dell’organismo e i campi magnetici a cui lo stesso è esposto.

Infatti, se negli studi è stata riscontrata una correlazione di tipo temporale (prima-dopo), non è stata invece confermata la correlazione causa-effetto tra l’esposizione a queste radiazioni ed eventuali problematiche degli utenti.

Tenere il telefono in tasca, però, come suggeriscono alcune ricerche, potrebbe a lungo andare determinare infertilità maschile (benché non vi siano prove schiaccianti neppure di questa teoria).

Per quanto riguarda il rischio che le radiazioni degli smartphone possano essere cancerogene, il lavoro più ampio sul tema, pubblicato nel 2010 dalla IARC con il nome di Interphone, ha “assolto” i telefoni dall’accusa per mancanza di prove schiaccianti, mostrando soltanto un lieve aumento dell’incidenza di glioma e neurinoma in chi aveva speso più di 1640 ore al telefono.

Nonostante non ci siano evidenze sperimentali, però, Polichetti suggerisce di affidarsi al buon senso e a quell’innato spirito di autoconservazione di cui siamo provvisti, cercando di evitare esposizioni prolungate, utilizzando auricolari o vivavoce per le chiamate (che corrispondono al momento di maggior intensità dei campi magnetici) e di tenere i telefoni in tasca e sul comodino giusto per lo stretto indispensabile.

 

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Pubblicato da
Monica Palmisano