“Ci troviamo di fronte alla conferma della Relatività di Einstein”, ha riferito il direttore del progetto Eht Sheperd S. Doeleman del Center for Astrophysics, Harvard & Smithsonian presentando la prima immagine del buco nero. La linea dell’orizzonte degli eventi è una silhouette oscura sullo sfondo di un vortice di luce.
L’immagine mostra l’ombra del buco nero al centro della galassia M87, a circa cinquantacinque milioni anni luce di distanza dalla Terra, e rivela il misterioso orizzonte degli eventi, la superficie oltre la quale tempo e spazio si accartocciano e tutto ciò che ne valica il limite viene risucchiato senza poterne mai più uscire, neppure la luce.
L’immagine deriva dall’osservazione simultanea di otto radiotelescopi distribuiti in tutto il mondo, e presentata dopo anni di osservazioni e analisi in sei conferenze stampa dal progetto Event Horizon Telescope, un progetto che ha coinvolto circa sessanta istituti scientifici a livello globale.
”Abbiamo visto le porte dell’inferno alla fine dello spazio e del tempo. Ciò che stiamo osservando è un anello di fuoco creato dalla deformazione dello spazio-tempo. La luce vortica e sembra un cerchio”, ha riferito Heino Falcke, astrofisico della Radboud University di Nijmegen.
La massa del buco nero è quasi sette miliardi di volte quella della nostra stella, ha un diametro di 40 miliardi di chilometri, abbastanza da contenere tutto il Sistema solare. Si tratta di un buco nero molto attivo che divora gas e proietta getti di materia a velocità che raggiungono quasi quella della luce. Secondo Fabio Pacucci, fisico italiano esperto di teoria dei buchi neri, ciò che è stato mostrato pochi giorni fa è “il risultato più importante che l’immagine del secolo ci insegna. La teoria della Relatività prevede che l’ombra dell’orizzonte degli eventi sia circolare, mentre forme alternative suggeriscono deviazioni dalla teoria di Einstein in regime di campo molto forte, o ‘strong field’, quello misurato nelle immediate vicinanze di un orizzonte degli eventi”.
Dietro l’immagine del buco nero mostrata lo scorso mercoledì al pubblico mondiali ci sono almeno duecento astronomi, tecnici, ingegneri e matematici, e chi ha messo insieme tutti i pezzi che son serviti per costruire l’immagine è stato un gruppo di matematici e ingegneri dell’MIT di Boston.
Tra questi, spicca Katie Bouman, giovane e brillante assistente nel MIT che tre anni fa, appena laureata, ha cominciato a sviluppare l’algoritmo di base che è stato poi utilizzato nella ricostruzione. Una volta costruito l’algoritmo, la giovane scienziata ha lavorato con altri ricercatori dell’EHT per altri due anni per capire in che modo l’immagine del buco nero poteva essere rappresentata. A giugno dell’anno scorso poi, l’algoritmo è stato sottoposto al test, ad ha portato all’immagine mostrata qualche giorno fa.