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Lo smartphone è ormai lo strumento con cui ci interfacciamo più frequentemente nella nostra quotidianità. Lo si utilizza per lavoro, per mantenere un proprio contesto sociale di appartenenza e per restare in contatto con i propri cari.

Ma al tempo stesso, lo smartphone viene anche lasciato in luoghi o posizioni estremamente delicate – abitudine che, a lungo andare, potrebbe rivelarsi molto più negativa di quanto non si immagini. L’organismo, infatti, riceve passivamente una serie di radiazioni quando si ha a che fare con dispositivi del genere, e la quantità di radiazioni varia a seconda del device preso in esame.

Sulla pericolosità di queste onde elettromagnetiche vi è ancora un’accesa discussione, tanto da parte di “profani” quanto da parte di massimi esperti mondiali sul tema.

Un dibattito ancora aperto

Il punto è che ancora, dopo diversi decenni di letteratura scientifica sul tema, non si è pervenuti ad una dimostrazione incontrovertibile dei danni potenziali causati dagli smartphone, ma ce ne sono soltanto sospetti. Al momento, infatti, a farla da padrona è un’ipotesi che mette in conto considerazioni di tipo temporale, e non causa-effetto che sarebbero importanti per provare in maniera schiacciante la bontà di questi sospetti.

D’altra parte, l’illustre ricercatore Alessandro Polichetti invita a prestare comunque massima attenzione, affidandosi al buonsenso che ci direbbe di evitare determinati atteggiamenti a rischio – tra cui tenere lo smartphone in tasca o sul comodino.

Un’esposizione così prolungata potrebbe, nel lungo termine, causare problematiche tra cui una maggior predisposizione all’infertilità nei soggetti maschili, benché anche su questo “fatto scientifico” si stia tuttora lavorando e si stiano effettuando opportune ricerche.

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