Per tutto l’anno scorso abbiamo visto un accanimento degli Stati Uniti, del suo governo e delle agenzie ad esso collegato, contro il colosso cinese Huawei. La superpotenza mondiale non si è limitata a cercare di tenere fuori dai suoi confini la tecnologia di tale produttore, ma ha cercato di convincere i paesi alleati a fare lo stesso e riuscendoci in alcuni casi, Canada e Australia per esempio. La situazione da allora non è mai migliorata e anzi è riuscita a peggiorare tanto che la scorsa settimana è stata fatto un altro pesante passo.
Il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha inserito Huawei e quasi 70 partner di quest’ultima in una lista che fa riferimento all’Ufficio dell’Industria e della Sicurezza. Con questo atto si è sostanzialmente vietato alle compagnie statunitensi di portare sul suolo americano tecnologia cinese riconducibile alla società sopracitata. Nonostante questo atto però lo stesso dipartimento ha dovuto fare dietrofront
in quanto si sono accorti di una aspetto spiacevole.
Il problema è che alcune aree più isolate sono coperte da società che utilizzano, spesso e volentieri, proprio tecnologia Huawei. Vietare l’uso di quest’ultime porterebbe enormi disagi alla popolazione sparsa su centinaia e centinaia di chilometri. Nel tentativo di salvaguardare tale zone da un blackout tecnologico le entità preposte stanno pensando di offrire un permesso temporaneo al colosso cinese così da poter operare in quei distretti.
Per quanto questo potrebbe non tangere risulta comunque interessante analizzare la situazione. Huawei è una delle principali compagnie, se non la principale, quando si parla di telecomunicazioni. Ha investito miliardi in tutto il mondo e in quasi i tutti paesi e se pensiamo che alcune zone degli Stati Uniti hanno bisogno dei cinesi per poter dire di essere nel XXI secolo allora il tutto viene illuminato da un’altra luce.