Le connessioni 4G LTE non sono sicure. Un report, appoggiato da prove empiriche condotte sul campo, porta alla luce alcune leggerezze nel sistema di sicurezza. Il problema non riguarda utenti ed operatori specifici ma si applica universalmente a qualsiasi provider nazionale ed internazionale.
Stando ai fatti, la falla di sicurezza è diffusa ad ogni scheda SIM oggi venduta. Si prevede che un hacker possa entrare in possesso di ogni genere di informazione. Registri delle chiamate, telefonate, SMS, messaggi Whatsapp e conti in banca sono alla mercé del malfattore più abile.
Con una strumentazione minima corrisposta all’uso di un software installato su rete spia è possibile carpire qualsiasi informazione viaggi nell’etere. Il tutto si riconduce ad una sorta di attacco man-in-the-middle
in cui il Black Hat funge da hotspot spia tra noi e l’antenna 4G del nostro gestore telefonico. Tutto ciò che passa per il suo network viene inserito in un database privato ed usato per azzerare conti e dare vita a ricatti per informazioni sensibili.
Stando alle analisi interne di due prestigiose università è stato rilevato che tre protocolli LTE sono stati bucati con successo, minando l’integrità di un sistema che dovrebbe garantire adeguata sicurezza per la navigazione online. Danni ed attacchi possono assumere proporzioni notevoli. Nonostante questo il problema pare non interessare le grandi multinazionali telefoniche che si rifiutano di colmare la lacuna.
Molti sperano che il 5G possa definitivamente risolvere l’inconveniente. Ma, nonostante la naturale evoluzione dei processi, pare che gli hacker possano comunque sfruttare alcuni exploit per bypassare le nuove contromisure. Siamo destinati a guardarci le spalle a vita? Difficile a dirsi. Ciò che è certo è che la security è, purtroppo, un concetto solo relativo. L’unica cosa che blocca i malfattori dal perpetrare azioni simili sono i costi di gestione dell’operazione, naturalmente elevati a causa della strumentazione base richiesta.