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Radiazioni: gli smartphone Xiaomi, Huawei e Apple hanno i più alti valori SAR

Gli smartphone in commercio producono tutti delle radiazioni, ma dei modelli sono potenzialmente più dannosi di altri. A guadagnarsi questa nomina sono alcuni terminali di Xiaomi, Huawei, Apple e OnePlus i quali, contenuti in una classifica che ha fatto il giro del mondo, hanno seminato un po’ di caos. 

Sebbene le radiazioni non siano una fake news, non bisogna confondere queste prodotte dagli smartphone da quelle conosciute più facilmente per il logo giallo e nero a forma di triangolo: vediamo il perchè.

Smartphone e radiazioni: cosa provocano quest’ultime?

Ogni terminale emette delle radiazioni in dei momenti ben specifici del suo uso, tra questi troviamo quelle emesse in fase di chiamata, ad esempio. Tali fenomeni, nel corso del tempo, sono stati investiti di colpe che non posseggono come, per dirne qualcuna,  il motivo dell’insorgenza di mali incurabili.

Sebbene sia solito accomunare tali fenomeni a pensieri radioattivi e pericolosi, dobbiamo segnalare che questo tipo di entità si differenzia dalle sue sorelle Gamma

e X. Come mai? Per il tipo di radiazioni in sè e per sé: è stato confermato, infatti, che tali sono di tipo non ionizzante e non possono provocare dei mutamenti genetici.

Quali sono i danni provocati dalla radiazioni? Sono danni minori che possono tramutarsi nel surriscaldamento dei tessuti componenti il nostro corpo. Per poter rendere sicuri gli smartphone, quindi, le normative hanno fissato che dei terminali con un valore SAR (tasso d’assorbimento specifico dell’energia de corpo) più alto di 2 watt per chilogrammo sono pericolosi.

Ovviamente, per poter entrare in commercio, ogni telefono ha prima superato dei controlli e quindi possiamo dirvi che sì Huawei, OnePlus, Apple e Xiaomi presentano dei devices con dei valori SAR alti, ma sono pur sempre a norma e sicuri. Nel caso vogliate evitare una volta per tutte queste radiazioni, vi consigliamo di utilizzare un paio di cuffie nelle chiamate e tenere lo smartphone ad almeno 45 cm di distanza.

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Pubblicato da
Paola Carioti