Sebbene una cifra del genere non possa minimamente scalfire la liquidità di cui dispone Google, tuttavia è giusto multare BigG quando sbaglia. Considerando che negli USA esiste il sistema del precedente, sosteniamo con forza la motivazione dei giudici americani nel difendere il diritto sacrosanto alla privacy. In questo caso si tratta appunto di una privacy violata da Google Street View in maniera sistematica, carpendo dati sensibili di molti utenti.
I fatti oggetto del processo risalgono al 2010, quando le auto che mappavano le strade di 30 nazioni per conto di Google in vista dell’aggiornamento di Maps. Durante l’operazione le auto registravano anche i dati dei sistemi WiFi non protetti degli ignari cittadini.
Google ha raccolto pertanto una mole enorme di informazioni, dati sensibili, numeri di carta di credito e chiavi d’accesso a sistemi bancari. Quando alcuni utenti se ne sono resi conto, è partita una class action nei confronti di Google
, il quale nei giorni scorsi si è accordato con i giudici per risarcire una ventina di persone promotrici dell’azione legale con 13 milioni di dollari. In più, Google ha dovuto promettere di impegnarsi contestualmente alla cancellazione di tutti i dati privati raccolti con il cosiddetto sistema di Street View.In futuro, il colosso di Mountain View dovrà infine assicurare che non carpirà più in alcun modo informazioni riservate senza il consenso dei cittadini. Di per sé, questa sentenza crea un precedente storico nella difesa della privacy dei cittadini, troppo spesso vessati da profilazioni sul web in base ai dati che vari siti raccolgono senza che loro lo sappiano coscientemente.