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L’incubo di un nuovo disastro nucleare come quelle avvenuto a Chernobyl o più recentemente a Fukushima spaventa il mondo. Nel 2017 infatti molti abitanti dell’Est Europa hanno in parte rivissuto l’incubo di quella notte del 26 Aprile 1986. Una delle stazioni del servizio meteorologico sita sui monti Urali ha infatti rilevato una concentrazione anomala di Rutenio-106. La nube radioattiva avrebbe viaggiato da una località sconosciuta, al momento ancora unicamente frutto di ipotesi.

Il Rutenio-106 altro non è che un isotopo del Rutenio, contenuto principalmente negli scarti delle lavorazioni nucleari. Le due stazioni russe hanno rilevato percentuali comunque inferiori a quelle dei due tragici incidenti, ma sufficienti per diramare un allarme. Per evidenti motivazioni politiche inoltre la Russia è ancora poco incline all’uscita delle notizie, motivo che ha rallentato la ricerca della fonte della nube.

Inizialmente non è stato possibile determinare se la fuoriuscita provenisse da un guasto ad uno dei reattori degli stabilimenti del paese o se ci fosse un altra causa. Questo ha reso necessario l’intervento di un equipe di 70 menti da tutto il mondo. I risultati della ricerca internazionale hanno ristretto il campo ad un impianto di riciclo nucleare, escludendo fortunatamente un guasto più grave. I risultati sono successivamente stati pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas).

Nube radioattiva: la possibile causa del rilascio

Dai numeri rilevati degli spettrometri è stato isolato unicamente il valore del Rutenio-106. Il valore registrato è stato di 176 millibacquerel per metro cubo. Questo numero è decisamente preoccupante se si confronta con quello rilevato a Fukushima dopo il terribile tsunami, sarebbe infatti circa 100 volte superiore.

Tracce della nube radioattiva sono state rilevate anche in Romania, quindi a distanza considerevole dal presunto luogo di rilascio. La concentrazione misurata è comunque molto inferiore a quella pericolosa per l’uomo. Nonostante il governo non abbia fornito alcun indizio agli studiosi, la possibile fonte delle radiazioni è comunque stata trovata.

Si tratterebbe dell’impianto di produzione di Majak, sito nella città di Ozërsk. Questo sarebbe il terzo più grande al mondo, preceduto solamente da Chernobyl e Fukushima. Rosacom, gestore dell’impianto, ha negato categoricamente che ci siano stati problemi con lo stabilimento accampando scuse poco credibili. E’ stato infatti puntato il dito su un satellite di rientro in atmosfera, sul quale avrebbe preso fuoco una batteria.

Le 1300 misurazioni degli esperti però escludono la tesi, confermando invece qualche perdita a Majak. Secondo quanto affermato anche da Georg Steinhauser, le cause sarebbero ancora note, quel che è certo che ancora una volta il governo russo abbia la volontà di insabbiare l’accaduto.

FONTEwired
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