Sembra che dopo l’uscita della serie TV targata HBO su Chernobyl, gli occhi del mondo siano nuovamente puntati sul disastro nucleare che coinvolse la Russia nel 1986, ma di cui molti non avevano compreso la portata.
Ancora oggi in punti di quel luogo sono presenti scorie radioattive, anche se a preoccupare gli studiosi non sono più i resti del disastro, quanto piuttosto un’esplosione, avvenuta lo scorso giovedì 8 agosto presso Arkhangelsk. La regione, che ospita una base militare strategica sulle coste del Mar Bianco, è interessata da vari test nucleari approntati dalla nazione, ma evidentemente durante uno di questi qualcosa è andato storto.
Il Governo russo non ha ammesso responsabilità, rivelandosi piuttosto criptico nonostante in questa circostanza cinque scienziati (sette secondo fonti non ufficiali) abbiano perso la vita. In allerta non solo la regione stessa, ma anche quelle prospicienti, dal momento che – nonostante il Governo abbia negato l’emissione di radiazioni a seguito dell’incidente – le rilevazioni effettuate nei paesi della zona hanno rivelato un innalzamento repentino del livello di elementi radioattivi.
L’aspetto su cui il New York Times – una delle prime testate a diffondere la notizia – si è concentrato riguarda la scarsa trasparenza delle informazioni fornite dal Governo. E il timore è del tutto giustificabile: secondo molti studiosi, nonostante siano passati più di 30 anni dal disastro di Chernobyl, la gestione di un nuovo disastro nucleare non sarebbe molto difforme da quella condotta all’epoca.
E si teme quindi che, benché si tratti di un’esplosione di entità decisamente minore, la quantità di radiazioni rilasciate possa in qualche modo affliggere da vicino non solo la popolazione della regione, ma anche dei Paesi circostanti.