Nel 2019 il Fisco ne ha annunciato l’introduzione nell’ottica di contrastare l’evasione fiscale italiana su più fronti di osservazione, ma in pochi sanno cosa sia e come funziona veramente il Risparmiometro. Non è infatti bastato l’obbligo della fattura e dello scontrino elettronico per contrastare il nero sommerso, quindi l’Agenzia delle Entrate si è alleata con la Guardia di Finanza per creare una Superanagrafe degli Italiani. Da questa enorme banca dati il Risparmiometro attinge le informazioni per controllare i movimenti dei conti correnti.
Questa sorta di cane segugio del Fisco si basa su un algoritmo che permette di individuare degli scostamenti tra quanto i contribuenti dichiarano nei loro 730 e quanto denaro transita sul loro conto. L’obiettivo è scovare chi nasconde dei redditi percepiti, chi ottiene denaro in nero per qualsiasi motivo non giustificabile legalmente, e chi nasconde delle attività illecite.
Come è ovvio nel caso di un computer, c’è un margine di errore e pertanto può capitare che vengano considerati sospetti anche contribuenti in regola che presentano anomalie nei flussi di cassa per regali in denaro ricevuti o per altre azioni giustificabili. Il controllo sui conti è totalmente lecito, poiché il Fisco intrattiene dei regolari rapporti con tutte le banche e i vari istituti finanziari per la ricezione di dati utili alla repressione dell’evasione tributaria.
Risparmiometro: quali dati analizzare
Come prevede la legge, l’obbligo di segnalazione è a carico delle banche e degli intermediari finanziari, i quali possono confezionare dei report per il Fisco con una sostanziosa e variegata miriade di rapporti, dal più semplice conto corrente ai fondi pensione.
La presenza di una enorme mole di dati a disposizione del Risparmiometro necessita di strumenti idonei ad individuare le posizioni sospette, poiché non esiste alcun elemento immediato capace accendere la curiosità dell’algoritmo, salvo casi eclatanti. Uno dei problemi che potrebbero sorgere è nei bilanci societari, perché spesso sono redatti in forma sintetica e la presenza di conti bancari si può dedurre solo dalla lettura della nota integrativa.
Per le imprese e i lavoratori autonomi si dovrà prestare ancora più attenzione, poiché è facile che ci sia una commistione tra conti correnti societari e personali. In questo ambito è facile che il Fisco potrebbe presumere magari erroneamente che i versamenti provengano da attività non dichiarate. Ancora più scivoloso è il terreno delle imprese e dei professionisti in contabilità semplificata, primo perché l’assenza di scritture contabili che rende più immediata la presunzione di evasione, e poi di conseguenza il contribuente o l’incaricato della tenuta delle scritture contabili spesso non ha memoria di quanto avvenuto anni prima.
Infine, i privati cittadini sono i più soggetti al rischio di venire bollati come sospetti dal Risparmiometro, poiché spesso tali persone detengono più conti correnti bancari da cui operano “giroconti” per trasferire denaro. Siamo sicuri che l’algoritmo sia in grado di tenerne conto?