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Chernobyl: la vodka delle zone radioattive è un simbolo di speranza

La bottiglia di Atomik, la prima vodka realizzata interamente a Chernobyl, può aiutare l’economia dell’Ucraina e in particolar modo, la ripresa economica di tutte quelle comunità che vivono nelle zone adiacenti (o interne) all’area abbandonata. A ribadirlo è il professore J. Smith dell’Università di Portsmouth, che ha realizzato la prima vodka non radioattiva prodotta con materiale proveniente da Chernobyl. Lo scopo è quello di commercializzare la bevanda con il nome di “Atomik“, per destare stupore in tutto il mondo e aiutare così l’economia della regione.

Nel grano si notano livelli di radioattività leggermente superiori a quelli previsti dalla Legge dello Stato dell’Ucraina, tuttavia una volta lavorato del tutto, l’unico componente radioattivo che rimane nella vodka è il carbonio 14, un isotopo che è presente in natura, presente in ogni altra bevanda alcoolica.

L’assenza di scorie la si deve al processo di distillazione che elimina qualsiasi impurità presente nel grano. Anche l’acqua, materia prima per la realizzazione, proviene dalla falda della città di Chernobyl, a soli 10 km dalla centrale. Anche qui non si notano livelli di radioattività preoccupanti e la sua composizione chimica ricorda quella dello champagne.

Atomik, la vodka che aiuterà le comunità che vivono a Chernobyl

Vi sono molte persone che vivono ancora oggi a Chernobyl, nella zona di ricollocamento obbligatorio. Tuttavia nonostante siano popoli di agricoltori, non possono praticare l’agricoltura (e quindi lavorare) a causa della pericolosità del terreno. Questa vodka potrebbe cambiare le carte in tavola. Infatti la sua distribuzione su larga scala, potrebbe aiutare migliaia di persone a far rifiorire il commercio nelle zone in questione. Atomik servirà come stimolo per creare un’impresa sociale denominata The Chernobyl Spirit Company”  e si dedicherà alla creazione e commercializzazione del famoso liquore.